Il diabete aumenta il rischio Alzheimer?

World Alzheimer Report 2014Presentata oggi la versione aggiornata del “World Alzheimer Report 2014”, il rapporto mondiale sulla malattia, pubblicato in occasione dell’imminente Giornata mondiale dell’Alzheimer prevista per il 21 settembre prossimo e dedicata, quest’anno, alla riduzione del rischio della malattia con uno stile di vita più sano e ai fattori di protezione su cui si può intervenire.

Secondo il nuovo rapporto, aggiornato dai ricercatori del King’s College di Londra, il diabete può aumentare del 50% il rischio di demenza ma uno stile di vita sano e un buon allenamento del cervello possono ridurlo, anche in età avanzata.
Oggi, si calcola che siano circa 44 milioni le persone in tutto il mondo che soffrono di demenza, un gruppo di patologie tra cui è compreso l’Alzheimer e si stima che questo numero raddoppierà entro il 2030 fino a triplicare nel 2050.
L’Alzheimer – affermano gli Autori – ha un costo globale di 600 miliardi di dollari che potrebbero aumentare nei prossimi anni se non si interviene riducendo i fattori di rischio. È da sottolineare, inoltre, che mentre nei paesi più avanzati alcuni fattori di rischio come quello cardiovascolare si stanno riducendo grazie a uno stile di vita più sano e attivo, in quelli a basso reddito il rischio è in progressiva crescita. “Entro il 2050 – sottolineano gli esperti inglesi – il 71% dei malati di Alzheimer vivrà in questi Paesi se non si svolgeranno campagne di sensibilizzazione per ridurre il rischio”.

Sebbene geni ed età che avanza siano parte integrante della demenza senile, lo stile di vita incide sulla comparsa dei sintomi. In sostanza, può fare la differenza, in termini di qualità di vita.

I fattori principali da tenere sotto controllo sono il diabete, l’ipertensione arteriosa, il  fumo di sigaretta e il rischio cardiovascolare. “Non è mai troppo tardi per cambiare il proprio stile di vita – concludono gli autori – e anche sovrappeso e obesità e una vita sedentaria rappresentano importanti fattori indirettamente connessi con il rischio di demenza”.

Uno scarso controllo della glicemia è maggiormente correlato al declino cognitivo. Le complicanze del diabete sono più frequenti quando il controllo del diabete è scarso per lunghi periodi: retinopatia diabetica, complicanze microvascolari, neuropatie, piede diabetico, malattie a carico di cuore e vasi sono tutte associate a un aumento del rischio di demenza. In generale, quindi si può affermare che migliore è il controllo della glicemia nel tempo, minore è l’incidenza del declino cognitivo dovuto alla demenza senile.

Un cervello attivo ci mantiene più giovani e sani

Il nuovo rapporto sottolinea anche che le persone con maggiori livelli di istruzione e un cervello più allenato evidenziano un rischio inferiore di demenza in età avanzata. “L’educazione non ha un impatto diretto sulle modifiche cerebrali indotte dall’Alzheimer – precisano gli autori – ma riduce i loro effetti negativi sulle facoltà intellettive. Ciò significa che chi arriva alla terza età con un cervello più sviluppato e sano vivrà più a lungo, con maggiore serenità e autonomia. L’allenamento cerebrale è quindi un aspetto molto importante, anche in età avanzata”.

Aspetti psicologici e vita sociale

Il World Alzheimer Report 2014 non dimentica i fattori di rischio legati a disturbi di natura psicologica, primo fra tutti la depressione che sembra direttamente coinvolta nell’aumento del rischio di demenza. Si ipotizza che anche lo stress di natura psicologica, quando prolungato, possa avere un’influenza sui disturbi cognitivi dell’età avanzata.
Il rapporto sottolinea sottolinea, infine, l’importanza di mantenere una vita sociale e familiare piena e soddisfacente come ulteriore fattore protettivo contro la demenza senile.

“Le persone che hanno già la demenza o che presentano segnali del problema” ha concluso il professor Graham Stokes, Global Director of Dementia Care, Bupa (Leeds), “possono mettere in atto tutti questi cambiamenti nel proprio stile di vita in modo da rallentare quanto più possibile la progressione della malattia.”

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