In arrivo la prima legge a tutela degli obesi

Essere obesi è una fatica quotidiana. Perché muoversi con tanti chili addosso è difficile, ma anche perché l’ambiente intorno non aiuta: ascensori troppo piccoli, ristoranti con bagni minuscoli, poltroncine dei cinema a misura di normopeso. E con il numero degli obesi in aumento costante (in Italia «vantiamo» il poco invidiabile record europeo di piccoli obesi: un bimbo su quattro) anche la politica comincia ad occuparsene: in Commissione Sanità si discute il primo Disegno di legge pensato a tutela degli obesi, su cui si è fatto il punto anche durante l’ultimo Convegno della Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle malattie metaboliche (Sicob).
Il Disegno di legge, che dovrebbe approdare in breve alla discussione in Parlamento, è il primo in Europa ad affrontare in maniera complessiva l’argomento: non mancano negli altri Paesi programmi di prevenzione e linee guida, pure la Commissione Europea ha istituito un libro bianco sul tema. Finora però nessun Parlamento europeo ha pensato a metter nero su bianco iniziative concrete e globali per affrontare l’obesità, né ha mai riconosciuto l’obesità grave come un handicap. Dice il senatore Mauro Cutrufo, primo firmatario del Disegno di legge: «È il Parlamento a dover legiferare su questa complessa materia, a supporto e sostegno di persone che sono affette da un vero e proprio handicap, che condiziona la loro vita lavorativa e sociale». E il riconoscimento dell’handicap per gli obesi gravi (con un indice di massa corporea superiore a 40) è proprio il cardine della legge in discussione, nata anche a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione del 2004. Agli inizi del 2000, infatti, era arrivata di fronte ai giudici della Suprema Corte la vicenda di una donna alta 150 cm per 130 chili che aveva chiesto un’invalidità del 74 per cento; il Ministero del Tesoro aveva bocciato la domanda, e così anche Tribunale e Corte d’appello di Torino: applicando le tabelle fissate in un decreto ministeriale del 1992, infatti, l’obesità dà un punteggio di invalidità massimo del 40 per cento. La Cassazione, invece, ha definito non più vincolanti le tabelle nei casi di obesità molto grave come quella della donna: il mondo infatti è cambiato, e obesi e super-obesi sono sempre più diffusi.
In Italia l’obesità riguarda infatti 6 milioni di persone (un milione i super-obesi), ma andando avanti di questo passo nel 2025 il numero di obesi sarà aumentato del 43 per cento. La spesa sanitaria legata alla malattia, che si accompagna a patologie come diabete, ipertensione, cardiopatie, schizzerà inevitabilmente alle stelle. Così i provvedimenti servono: per prevenire, soprattutto. Infatti il nuovo Disegno di legge prevede, tra le altre cose, la realizzazione di una campagna informativa permanente e di iniziative educative a livello scolastico, l’istituzione di un Osservatorio Nazionale sull’obesità presso il Ministero della Salute, il sostegno alla ricerca e la creazione di nuovi centri specificamente dedicati alla prevenzione e alla cura dell’obesità. Non mancano le tutele per chi obeso lo è già: la legge garantisce ad esempio il diritto a stipulare assicurazioni sanitarie senza subire discriminazioni, colloca i farmaci necessari agli obesi in fascia A, rende gratuiti tutti i controlli di laboratorio e i test diagnostici prescritti in relazione alla malattia, prevede agevolazioni fiscali per le cure. Non basta: per facilitare la vita a chi è obeso, richiede che vengano eliminate le barriere architettoniche in uffici aperti al pubblico e sui mezzi di trasporto e obbliga ospedali pubblici e cliniche private a dotarsi di strumenti e arredi adeguati all’uso e all’accesso dei pazienti obesi (dai lettini operatori “rinforzati” ad apparecchiature specifiche per la diagnostica).
«Ben venga una legge: se ne parla da tempo, finora senza risultato – dice Enzo Nisoli del Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità dell’Università di Milano –. L’aspetto più importante è il riconoscimento dell’obesità come patologia sociale, al pari di diabete, ipertensione, colesterolo alto. Tutti sanno che cosa sono e quanto fanno male queste malattie, le campagne educative sono frequenti. Mentre sulla «madre di tutte le malattie», che è proprio l’obesità, c’è il silenzio: il riconoscimento servirebbe a far capire che il problema non è solo estetico e ad aumentare il «peso psicologico» dell’obesità nella società. Tutti sanno quanto sia pericoloso il diabete, tutti lo temono e appena hanno la glicemia sballata si precipitano dal medico; allo stesso modo, tutti sono pronti ad ascoltare campagne educative anti-tumori, perché il cancro è vissuto come la peste del secolo e smuove la sensibilità della gente – osserva Nisoli –. Per l’obesità, che è spesso il vero motivo alla base di queste malattie visto che il 90 per cento dei diabetici di tipo 2 è almeno in sovrappeso e il 30 per cento dei tumori origina dall’obesità, non c’è una simile consapevolezza e mobilitazione pubblica. Anzi, il “peso” grava solo sul singolo, che soffre del suo essere diverso».
Il vero punto dolente però sono i costi: una legge come quella in discussione prevede provvedimenti che comportano spese non indifferenti. In un momento di crisi finanziaria viene spontaneo chiedersi se davvero il Disegno di legge varcherà mai le forche caudine del Parlamento. «Finora non si è mai avuta una legge simile proprio per le spese che comporterebbe – dice Nisoli – . Però, in prospettiva, sarebbe un intervento molto lungimirante per contenere proprio i costi sanitari. Per gli obesi infatti si spende molto di più che per i cittadini normopeso in farmaci per le patologie collaterali (antipertensivi, antidiabetici, ma anche antinfiammatori o antibiotici perché il sistema immunitario degli obesi funziona peggio): aumentare la consapevolezza dell’obesità come malattia e contrastarla con più forza potrebbe davvero prevenirla o risolverla in un maggior numero di casi. I pazienti, dal canto loro, abbandonano spesso le cure anti-obesità perché sono care: passare gratuitamente i farmaci significherebbe aiutare più gente a dimagrire – giudica l’esperto – . Lo stesso accadrebbe aumentando il numero di centri per la cura dell’obesità. Oggi si contano sulle dita di una mano, mentre ad esempio i centri diabetologici sono tantissimi: significa che l’obeso non sa dove andare a curarsi, mentre il diabetico trova sotto casa o quasi qualcuno che lo aiuta a tenere sotto controllo la sua malattia». Insomma, la questione è sempre quella: decideremo di spendere qualcosa di più oggi per risparmiare domani?

Fonte17 giugno 2009 – corriere.it

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