Un tubicino duodenale la nuova cura per il diabete di tipo 2?

Nel corso di una conferenza sulla chirurgia metabolica che si è tenuta nei giorni scorsi all’Università Cattolica di Roma, sono stati presentati i dati relativi a una possibile futura cura del diabete di tipo 2: un tubicino flessibile, trasparente, infilato per via endoscopica nel duodeno dove può rimanere schiacciato o allargarsi quando è necessario. Negli Stati Uniti, in Cile, Brasile e Olanda dove questo sistema è stato finora testato, è riuscito a controllare la glicemia in modo migliore rispetto ai farmaci standard. Il tubicino è stato poi rimosso dopo sei mesi di sperimentazione nel timore di effetti collaterali o di possibili spostamenti ma la sua tollerabilità è stata ormai dimostrata tanto che la Comunità Europea ha già concesso il marchio CE per l’uso in clinica. Mentre continua la sperimentazione, l’Olanda sta coordinando uno studio europeo su questo tema; Francesco Rubino, ricercatore presso l’Università Cattolica di Roma e presso il Centro di Chirurgia del Diabete della Weill Cornell University, spiega «Nel metabolismo dell’insulina e di conseguenza nei meccanismi che portano al diabete il duodeno pare ricoprire un ruolo fondamentale; si sa anche che ‘effetto collaterale’ della chirurgia bariatrica (adottata nei casi di grande obesità) è il miglioramento del diabete dunque, l’esclusione del tratto duodenale è una costante di tutti gli interventi efficaci. Se si ricoprono le pareti del duodeno con un tubicino di polimero plastico si arriva allo stesso risultato, cioè si elimina l’arrivo nell’intestino di fattori duodenali prodotti dal passaggio del cibo, ancora non noti ma che devono avere conseguenze negative sul controllo dell’insulina e della glicemia». Negli Stati Uniti Rubino intanto continua a operare pazienti diabetici obesi e non obesi con gli interventi classici di bypass duodenale. Gabriele Riccardi, presidente della Società italiana di Diabetologia, conferma «Un buon effetto sul controllo sul diabete si può ottenere anche con una dieta ricca di cereali integrali perché le fibre contenute ‘escludono’ il tratto duodenale spostando l’assorbimento del glucosio al resto dell’intestino. Questo significa che nel duodeno avviene qualcosa di essenziale ma bisogna ancora studiare quali meccanismi sono coinvolti». Rubino invita alla prudenza: «Non sempre gli interventi guariscono, spesso ottengono solo miglioramenti; non è ancora chiaro quale sia l’indice di massa corporea ‘ideale’ per questo tipo di chirurgia, di sicuro lo sono i diabetici obesi ma in Italia solo l’1% di loro si opera perché non gli viene proposto o non sono informati sui vantaggi dell’intervento». Riccardi conferma che «Le persone con diabete e l’indice di massa corporea superiore a 35 è sicuramente opportuno che si operino ma poi non devono pensare di essere definitivamente guariti perché il diabete potrebbe ripresentarsi e devono tenere quindi la situazione sotto controllo, andando dal diabetologo almeno due volte all’anno, presso centri qualificati». In Italia però gli interventi di bariatrica sono ostacolati dalla scarsità di centri pubblici che dispongono degli specialisti necessari (oltre al chirurgo, l’endocrinologo, il dietologo, lo psicologo) e quindi le liste d’attesa sono lunghe ma un intervento più semplice come l’inserimento del tubicino duodenale potrebbe offrire ai diabetici nuove speranze.

Fonte: 22 ottobre, corriere.it

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