Una buona prevenzione del diabete passa anche dalla salute della bocca

Una buona prevenzione del diabete passa anche dalla salute della bocca

Tenere sotto controllo la parodontite aiuta a ridurre l’emoglobina glicata dello 0,4%. Lo hanno sottolineato i Diabetologi riuniti a Genova in occasione del convegno “Diabete e parodontopatia: una relazione biunivoca”, promosso dall’Associazione Medici Diabetologi (AMD).

Una pericolosa relazione a due vie

Il diabetologo dovrà sempre più spesso fare i conti anche con la salute orale dei pazienti. Chi soffre di diabete, infatti, ha un rischio da due a tre volte maggiore, rispetto a un soggetto non diabetico, di sviluppare disturbi cronici del cavo orale, come la parodontite (malattia infiammatoria degenerativa che provoca la distruzione dei tessuti di supporto del dente: osso, gengiva, cemento e legamento parodontale. Comunemente chiamata piorrea). Allo stesso tempo la parodontite può essere un fattore di rischio per l’insorgenza del diabete, ed esiste una relazione diretta fra gravità ed estensione della parodontite e peggioramento del controllo della glicemia.

Proprio per approfondire questa complessa relazione, spesso sottovalutata, diabetologi provenienti da tutt’Italia si sono riuniti a Genova, presso l’Hotel Melià, in occasione del convegno “Diabete e parodontopatia: una relazione biunivoca”, promosso dall’Associazione Medici Diabetologi (AMD).

Parodontite: favorire la diagnosi precoce

“In virtù della stretta associazione esistente fra diabete e parodontite, AMD sta lavorando per far sì che utilizzando come criteri di valutazione l’età, il peso corporeo, i valori morfometrici e l’eventuale presenza di parodontite sia possibile, anche presso lo studio del dentista, identificare precocemente soggetti affetti da diabete e ignari della propria condizione, e così avviarli precocemente verso percorsi diagnostico-terapeutici adeguati, gestiti dal medico diabetologo”, evidenzia Luca Lione, ex Coordinatore del gruppo Oral Care AMD e Responsabile scientifico dell’evento. “Come ben sappiamo, infatti, solo la diagnosi precoce e l’attuazione di una terapia tempestiva sono in grado di prevenire e contrastare efficacemente le frequenti complicanze che si associano al diabete.

Studi epidemiologici indicano che il 50% dei soggetti, in tutti i gruppi di età, ha un’infiammazione gengivale reversibile (gengivite), mentre la parodontite, caratterizzata da sanguinamento spontaneo o da spazzolamento, alitosi, gonfiore gengivale, spostamento e mobilità dentale, colpisce il 5-15% della popolazione in forma grave. Nei pazienti con diabete, questa patologia può contribuire a rendere più difficile il controllo metabolico ed è associata all’insorgenza di complicanze”.

Un importante aspetto da tenere in considerazione è il fatto che diversi studi stanno confermando come il trattamento della parodontite, secondo appositi protocolli di intervento, porti a una riduzione dell’emoglobina glicata pari allo 0,4%, con un miglioramento delle condizioni di compenso della malattia e benefici che vanno oltre lo stato di salute del cavo orale, interessando le altre numerose complicanze micro e macrovascolari.

“Il limite maggiore degli studi condotti finora è dato dal numero ridotto di pazienti coinvolti”, commenta il Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi, Domenico Mannino. “L’impegno congiunto di AMD e SIDP (Società Italiana di Parodontologia e Implantologia), che a breve si concretizzerà nella costituzione di un gruppo inter-societario dedicato all’argomento, è fortemente orientato a risolvere anche questo gap. Ulteriore obiettivo dell’evento di Genova, come di altri sul tema, che nasceranno in seno a questa collaborazione, sarà fornire ai diabetologi una formazione di base su una complicanza ancora misconosciuta, e favorire la definizione di programmi di prevenzione finalizzati a evitare che il paziente arrivi a perdere i denti. Infatti, oltre a peggiorare la gestione del diabete, incidendo sul controllo metabolico, la parodontite aggrava la malattia diabetica anche perché porta alla caduta dei denti. Questo significa che il paziente vede compromessa la propria capacità di masticazione e finisce col prediligere cibi ad elevato indice glicemico (pasta, riso, frutta), con un evidente ulteriore impatto negativo sul compenso glico-metabolico”.

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