L’EMA raccomanda la prima terapia che ritarda l’esordio del diabete di tipo 1

L’EMA raccomanda la prima terapia che ritarda l’esordio del diabete di tipo 1

L’Agenzia europea per i medicinali (EMA, European Medicines Agency) ha espresso – proprio nella Giornata Mondiale del Diabete, 14 novembre 2025 – una raccomandazione che segna una svolta storica nella gestione del diabete di tipo 1: l’approvazione di teplizumab, il primo trattamento in grado di ritardare significativamente l’insorgenza clinica della malattia. Con questa decisione, il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) apre la strada a un approccio preventivo che fino a oggi non era disponibile in Europa.

Perché teplizumab rappresenta una rivoluzione

Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario attacca le cellule beta pancreatiche responsabili della produzione di insulina. I sintomi compaiono quando la distruzione delle cellule beta è già avanzata, generalmente nello stadio 3, momento in cui diventa inevitabile la terapia insulinica.

Teplizumab, un anticorpo monoclonale somministrato con infusione endovenosa per 14 giorni consecutivi, interviene invece nello stadio 2, quando la progressione autoimmune è già in corso ma il paziente non ha ancora sviluppato sintomi clinici.
Questa caratteristica rende il farmaco il primo intervento capace di rallentare l’evoluzione verso il diabete conclamato.

I risultati degli studi clinici: più tempo senza malattia

La raccomandazione dell’EMA si basa su uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, che ha coinvolto 76 pazienti con diabete di tipo 1 in stadio 2. I risultati più significativi hanno evidenziato che:

  • Il tempo mediano per la progressione allo stadio 3 raddoppia: da 25 mesi (placebo) a 50 mesi con teplizumab.
  • Dopo un follow-up di 51 mesi, il 45% dei pazienti trattati ha sviluppato la malattia, contro il 72% del gruppo placebo.
  • Gli studi confermano anche una maggiore preservazione delle cellule beta in chi riceve teplizumab.

Questo significa anni in più senza sintomi, senza necessità di insulina e con una probabile riduzione del rischio di complicanze future.

Sicurezza ed eventi avversi

Gli effetti collaterali più comuni osservati negli studi includono:

  • riduzione dei linfociti, leucociti e neutrofili
  • rash cutaneo
  • diminuzione del bicarbonato nel sangue, associato ad acidosi metabolica.

La reazione avversa grave più rilevante è stata la sindrome da rilascio di citochine, riportata nel 2% dei pazienti e caratterizzata da febbre, mal di testa, vomito, ipotensione e difficoltà respiratoria.
L’EMA sottolinea però che queste reazioni sono gestibili e che esiste un solido piano di gestione del rischio.

Cosa succede ora: verso l’approvazione definitiva

Il parere del CHMP non è il punto finale, ma una fase fondamentale dell’iter regolatorio. La decisione ufficiale sarà presa dalla Commissione europea, che valuterà l’autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco.
Una volta approvato, ogni Stato membro definirà prezzo e rimborsabilità secondo le proprie politiche sanitarie.

L’impatto potenziale su milioni di persone

Nell’Unione Europea si stima che oltre 2,2 milioni di persone vivano con il diabete di tipo 1. Ritardarne l’esordio anche solo di alcuni anni può tradursi in:

  • un ritardo nell’inizio delle iniezioni di insulina
  • una migliore qualità di vita
  • minori complicanze diabetiche
  • una riduzione del distress psicologico per bambini, giovani e famiglie

Teplizumab rappresenta quindi una nuova frontiera nella gestione del diabete di tipo 1, segnando il passaggio da una medicina puramente terapeutica a una medicina preventiva.

La raccomandazione dell’EMA per teplizumab non è solo una novità regolatoria: è un cambiamento di paradigma.

Per la prima volta diventa possibile intervenire prima dell’esordio clinico del diabete di tipo 1, guadagnando tempo prezioso per i pazienti e aprendo a una nuova visione della cura delle malattie autoimmuni.

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