Oggi si parla moltissimo di medicina di genere, un po’ in tutte le branche della medicina, perché si sta pian piano evidenziando come un diverso genere possa essere associato allo sviluppo di una patologia in maniera maggiore o minore. Nel caso del diabete di tipo 1, facendo un’analisi retrospettiva di tutti quelli che sono gli studi sinora pubblicati – soprattutto relativi all’insorgenza della malattia – in particolare in età pediatrica e in età adolescenziale, è emerso che i pazienti che sviluppano il diabete di tipo 1 sono per la maggior parte pazienti maschi, quindi il diabete di tipo 1 è più frequente nel sesso maschile rispetto, per esempio, ad altre malattie autoimmuni che sono tipicamente presenti con maggiore frequenza nel sesso femminile. Tuttavia, la presentazione clinica dei pazienti con diabete di tipo 1 di sesso maschile o di sesso femminile è molto differente. Ne abbiamo parlato con la prof.ssa Francesca D’ Addio, Specialista in Endocrinologia e Nefrologia presso l’Università degli Studi di Milano, ASST FBF Sacco.
Differenze di genere nel diabete tipo 1
- I pazienti con diabete di tipo 1 di sesso maschile sviluppano principalmente delle anomalie di tipo metabolico, mentre la componente autoimmunitaria è un po’ più sfumata.
- I pazienti con diabete di tipo 1 di sesso femminile hanno invece una componente autoimmunitaria molto più evidente; le femmine tendenzialmente hanno più autoanticorpi positivi all’esordio della malattia e hanno un esordio di malattia con una sintomatologia molto più evidente, quindi pur essendo meno frequente la patologia nel sesso femminile, quando si manifesta ha dei segni e sintomi molto più evidenti e più importanti rispetto a quello che accade nel sesso maschile. Ci si è domandati perché questo succeda e ci sono diverse opzioni e diverse risposte che possono essere proposte in questo senso.
“Una prima osservazione è che il sistema immunitario si comporta in maniera diversa nei pazienti di sesso maschile o di sesso femminile”.
“La componente immunitaria di tipo T cellulare è molto più evidente e molto più attiva soprattutto nell’età adolescenziale nei pazienti di sesso femminile, mentre nei pazienti di sesso maschile è più evidente una componente che fa riferimento all’immunità innata e all’infiammazione. Quindi in generale potremmo dire che nei maschi c’è più una componente immunitaria infiammatoria della malattia, mentre nelle femmine è più frequente una componente dell’immunità adattativa”.
L’immunità aspecifica o innata è la prima linea di difesa che viene messa in campo contro eventuali agenti patogeni. È un sistema non specifico, presente dalla nascita, a differenza dell’immunità acquisita, che produce difese specifiche a seconda del patogeno (immunità anticorpale e cellulo-mediata). Si considerano parte dell’immunità innata per esempio le barriere anatomiche, fisiologiche, infiammatorie e i processi di fagocitosi/endocitosi”.
I linfociti T, un tipo di globulo bianco, sono le cellule della cosiddetta immunità adattativa. Svolgono un ruolo fondamentale nella difesa immunitaria cellulo-mediata. I linfociti T svolgono principalmente il ruolo di identificare e distruggere le cellule anomale o infette, compresi batteri e virus, per proteggere l’organismo da infezioni o malattie. Contribuiscono inoltre a stimolare altre risposte immunitarie. La “T” sta per Timo, la ghiandola in cui queste cellule maturano.
Le isole pancreatiche si comportano in maniera diversa nel sesso maschile e nel sesso femminile.
“Oltre alla componente immunitaria esiste anche un elemento molto importante che è legato alla capacità delle isole pancreatiche e delle cellule beta in particolare di rilasciare insulina.
- Nel sesso femminile, in particolare, le isole sono più metabolicamente attive. Ciò significa che, avendo un’attività metabolica più elevata, hanno un metabolismo mitocondriale più importante e diverso da quello del sesso maschile. Questo è stato anche dimostrato in un paper molto interessante pubblicato su FASEB un paio di mesi fa e da parte del gruppo del professor Mauvais-Jarvis, che è uno dei più importanti studiosi della fisiopatologia della beta cellula; questi studi hanno messo proprio in evidenza come il metabolismo mitocondriale delle cellule beta sia molto più attivo nel sesso femminile rispetto al sesso maschile”.
Ulteriori conferme delle differenze tra generi
- Il fatto che l’isola pancreatica nel sesso femminile sia più funzionale, abbia una differenza di funzione rispetto a quello che avviene nel sesso maschile è stato anche dimostrato in uno studio molto interessante pubblicato dal gruppo di Miami che ha analizzato i pazienti trapiantati di isole che le ricevevano da donatori di sesso maschile o donatori di sesso femminile.
- Il team di Miami ha dimostrato che le isole che provenivano da donatori di sesso femminile in generale si associavano nel ricevente a una più prolungata funzione pancreatica quindi in realtà i pazienti trapiantati da donatori di sesso femminile avevano una sopravvivenza di trapianto più lunga rispetto a quelli che ricevevano isole da donatori di sesso maschile e questo sembrava essere effettivamente collegato al fatto che ci fosse una migliore risposta delle isole trapiantate dal donatore di sesso femminile.
- Non solo, i riceventi di sesso femminile risultavano anche in questo caso avere una sopravvivenza delle isole trapiantate più prolungata rispetto a quella dei riceventi di sesso maschile e questo ancora una volta confermava il fatto che l’isola pancreatica della paziente di sesso femminile risulta essere sicuramente più responsiva e più metabolicamente attiva rispetto a quello che accade nel sesso maschile.
Perché è importante per noi conoscere questa differenza di genere nei pazienti con diabete di tipo 1?
“È molto importante, perché noi sappiamo che i pazienti con diabete di tipo 1 hanno un elevato rischio di sviluppare complicanze cardiovascolari e in questo senso il sesso femminile si associa a un aumento dello sviluppo del rischio rispetto al sesso maschile e quindi per noi specialisti sapere che esiste la possibilità che la malattia cardiovascolare si associ a un genere rispetto all’ altro comporta ovviamente la necessità di intervenire più precocemente e di porre più attenzione allo sviluppo di complicanze in un sesso rispetto all’altro”.
“Queste conoscenze ci permettono di approcciare i nostri pazienti tenendo conto che se abbiamo di fronte una donna con un diabete di tipo 1 è una paziente che avrà più probabilmente un rischio cardiovascolare aumentato e di conseguenza andrà trattata in maniera più aggressiva, per prevenire lo sviluppo di eventuali complicanze.
In breve, i punti chiave
Le malattie autoimmuni più comuni mostrano una predominanza femminile, mentre il diabete di tipo 1 ha una predominanza maschile nelle popolazioni europee (rapporto 1:7).
Una complessa rete di fattori genetici e ormonali contribuisce al T1.
A sostegno del ruolo protettivo degli ormoni ovarici, la predominanza maschile si sviluppa dopo la pubertà, mentre la pubertà è associata a una ridotta incidenza nelle ragazze.
La funzione residua delle cellule beta del pancreas al momento della diagnosi (C-peptide ) è più elevata nelle ragazze che nei ragazzi.
Il sesso femminile è un fattore predittivo dell’indipendenza dall’insulina dopo pancreatectomia totale e trapianto di isole pancreatiche.
L’autoimmunità è influenzata dal sesso.
La risposta immunitaria e il profilo infiammatorio sono correlati al sesso.
La funzione residua delle cellule beta alla diagnosi del T1D varia in base al sesso.
La risposta glicemica in assenza di autoimmunità varia in base al sesso
Le differenze di genere dovrebbero essere prese in considerazione nel tentativo di un approccio medico personalizzato nel T1D.
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