In Italia è ancora attuale il dibattito sulle incretine, l’innovativa classe di farmaci antidiabetici, che stando ai risultati di alcuni studi sarebbero implicate nell’aumento del rischio di pancreatite, ossia l’infiammazione del pancreas. Questi risultati sono già stati confutati dalla comunità medica internazionale e, a fine luglio scorso, da una presa di posizione chiarificatrice dell’Agenzia europea del farmaco (EMA), la quale ha terminato la propria indagine, concludendo che non sussiste alcun nuovo motivo di preoccupazione circa la sicurezza dei farmaci antidiabetici che agiscono sul sistema delle incretine, ovvero i GLP-1 agonisti e gli anti DDP-4.
Ecco arrivare, pubblicato su The Lancet Diabetes & Endocrinology, lo studio tutto italiano che segna un importante ulteriore punto a favore delle incretine.
Guidato da Carlo B. Giorda, Direttore Unità diabete e malattie metaboliche ASL 5 Torino e Presidente Fondazione Associazione Medici Diabetologi (AMD), il gruppo ha analizzato la banca dati di 280.000 persone con diabete assistite dal Servizio sanitario in Piemonte. Da questa ne ha estratte 1.003, con diabete di tipo 2, che erano state ricoverate in ospedale per sintomi di pancreatite acuta tra il 1 gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012, e 4.012, confrontabili per età, sesso, caratteristiche della malattia e tipo di cura per il diabete. “Abbiamo condotto quello che tecnicamente si chiama ‘studio caso-controllo’ – spiega Giorda. Si confronta un gruppo di persone, i 1.003 casi, in cui si vuole esaminare un determinato accadimento come a esempio l’insorgenza di pancreatite causata da incretine, con un gruppo il più simile possibile per caratteristiche, i 4.012 controlli, in cui questo accadimento non si sia verificato.”
Una volta esclusi tutti i possibili fattori esterni che possono confondere l’esito dell’analisi, “come malattie delle vie biliari, alcolismo o impiego di farmaci, tra cui altri antidiabetici orali in passato indiziati di essere possibile causa di pancreatite acuta – puntualizza Giorda – abbiamo rilevato che l’impiego delle incretine, nei 6 mesi precedenti al ricovero per pancreatite acuta, non aveva alcuna relazione con l’aumento del rischio di malattia.”
“Un dato estremamente importante – prosegue Giorda – è che si tratta del primo studio su questo fenomeno condotto in Europa, su popolazione europea, ma soprattutto che è la prima volta al mondo che si analizza una popolazione ‘non selezionata’, ossia il comportamento nella vita reale. Gli altri studi sin qui svolti analizzavano banche dati di farmacosorveglianza o di compagnie assicurative, e quindi gruppi di persone in qualche modo speciali.”
“La discussione sulla pericolosità di questa categoria di farmaci si trascina ormai da molti mesi, incredibilmente più nel nostro Paese che nel resto del mondo”, commenta Antonio Ceriello, Presidente Associazione Medici Diabetologi (AMD). “I sospetti si sono sempre basati su evidenze scientifiche estremamente labili. Mi auguro che i risultati pubblicati da Giorda possano contribuire a mettere un punto fermo, che possa tranquillizzare ulteriormente nell’utilizzo di questi farmaci”.
“Da ultimo – conclude Ceriello – e lo dico con un misto di rammarico e di orgoglio, si è reso necessario l’impegno di un gruppo di diabetologi indipendenti, e qui sta il mio orgoglio come Presidente AMD, per giungere a dimostrare, in pochi mesi, ciò che la nostra Agenzia del farmaco AIFA avrebbe potuto fare con ben maggiore anticipo, basandosi sui dati delle evidenze raccolte sul campo in questi anni, proprio sull’utilizzo di questi farmaci.”
Reference
CB Giorda et al – Incretin therapies and risk of hospital admission for acute pancreatitis in an unselected population of European patients with type 2 diabetes: a case-control study. The Lancet Diabetes & Endocrinology, Early Online Publication, 12 November 2013 doi:10.1016/S2213-8587(13)70147-5