Stop a stigma e pregiudizi verso le persone con obesità

FIAO: stop a stigma e pregiudizi verso le persone con obesità

Partito a Roma il progetto nazionale “Corpo, stereotipi e pregiudizi: il peso delle parole”.

“In realtà, la parte più difficile di vivere con l’obesità sono le persone che pensano che me la sia cercata. Vorrei che tutti capissero che non si tratta di mangiare meno e muoversi di più … L’obesità è una malattia complessa, non una scelta di vita”.

Superare lo stigma e i pregiudizi verso la persona con obesità

È questo l’obiettivo dell’iniziativa “Corpo, stereotipi e pregiudizi: il peso delle parole”, promossa dall’Associazione La Mattina Dopo Odv con il patrocinio della FIAO – Federazione Italiana Associazioni Obesità, del Comune di Roma – Assessorato alle Politiche Sociali, di FAND – Associazione Italiana Diabetici e di Radio Deejay.
L’evento inaugurale si è svolto a Roma il 24 settembre presso il Teatro Ghione, come primo appuntamento di un percorso nazionale che toccherà anche diversi contesti scolastici. L’iniziativa mette al centro il linguaggio e il suo impatto sulla dignità, l’inclusione sociale e la salute delle persone con obesità.

«La FIAO è al fianco di chi ogni giorno subisce lo stigma e i pregiudizi sul peso» – ha dichiarato Iris Zani, Presidente FIAO e dell’Associazione Amici Obesi Onlus.

È fondamentale che le parole diventino strumenti di inclusione e non di ferita.

Facciamo in modo che gli atteggiamenti cambino, cerchiamo di perdere il peso dello stigma.

Quando le parole sono frecce, le persone diventano bersaglio.

Che cos’è lo stigma del peso?

Non è solo una parola: è una ferita sociale che segna milioni di persone ogni giorno.
L’ha introdotto con parole toccanti, da leggere e rileggere, Maruska Albertazzi, moderatrice dell’evento: Lo stigma è un marchio, un marchio che non si è scelto, così come non scegli il corpo in cui nasci, il colore della pelle, la forma, i geni. Eppure la Società sceglie per te, giudica, etichetta, esclude. Uno dei marchi più pesanti oggi: il peso.

Essere grassi, troppo magri, fuori media. Non è solo estetica, è condanna sociale. Una gogna che autorizza scherno, esclusione, umiliazione.

Lo stigma sul peso marchia nel profondo, portando a ferite nella salute fisica, nella salute psicologica e nella vita sociale. Lo stigma sul peso è un pregiudizio che ti precede e decide già chi sei. È una carta di identità che non hai scelto.

È il rimprovero di guardi che sentenziano sempre la stessa condanna. Tu sei il colpevole. Da dove nasce? Dall’ignoranza.

Dall’eccessiva importanza attribuita al corpo perfetto. Dall’idea che il peso sia sotto il nostro completo controllo. Lo stigma non sparirà domani.

E il primo passo è nominarlo. Parlarne. Solo ciò che ha un nome può trasformarsi.

Siamo qui per questo. Per togliere i paraocchi del pregiudizio. Per guardare oltre i corpi” cominciando con l’imparare a dare il giusto peso alle nostre parole.

Lo stigma ha diverse facce, si mostra in molti modi

Influenza negativamente tutte le aree di vita della persona, “quindi entra nella scuola, nell’istruzione, nel mondo del lavoro, nell’assistenza sanitaria, nelle relazioni interpersonali, nel tempo libero” sostiene Daniele Di Pauli, psicoterapeuta ed autore del volume in seconda ristampa “Obesità e Stigma” edito da Positive Press, 2024. “In che modo, lo fa? Ci sono tanti esempi, lo stigma può partire da un insulto, quindi uno stigma verbale, può essere a livello relazionale, quindi un’esclusione, un rifiuto”. Può manifestarsi “in maniere molto sottili, per esempio fissare il carrello della spesa di una persona affetta da obesità, guardarla mentre mangia, puntare il dito, sorridere ironicamente alle spalle”. Ma può anche essere durante un colloquio di lavoro in cui nonostante le buone qualifiche si venga scartati a causa del peso non ritenuto idoneo.

Esiste un’ampia letteratura, soprattutto americana ma non solo “dove le donne con obesità guadagnano di meno, hanno meno promozioni, meno impieghi manageriali. A scuola, si osservano atteggiamenti negativi negli insegnanti, nei settori di educazione fisica, spesso tra gli stessi compagni”.

Lo stigma sul peso purtroppo entra nei nostri ambulatori medici,  talvolta non facciamo sentire il paziente a proprio agio, un po’ come se ci mentisse, ci raccontasse bugie. Spesso lo liquidiamo con “mangia di meno e muoviti di più”, “ad Auschwitz non è mai ingrassato nessuno”, “se vuoi puoi”. Lo stigma lo vediamo sui media dove spesso sia adulti che bambini con obesità sono rappresentati in ruoli stereotipati”.

A proposito di parole, non dimentichiamo uno “stigma che spesso noi non consideriamo, quello che viene chiamato lo stigma sul peso interiorizzato, o stigma autodiretto rappresentato dalle parole che le persone con obesità rivolgono a loro stesse, per esempio “faccio schifo”, “sono una nullità”, “è tutta colpa mia”, colpevolizzandosi e disprezzandosi” conclude Daniele Di Pauli.

Lo stigma presente nell’ambiente sportivoLo stigma presente nell’ambiente sportivo

I benefici dell’attività fisica sono ormai noti a tutti ma palestre e centri sportivi rappresentano spesso ambienti “tossici” per la persona con obesità, che viene spesso bullizzata e isolata.

Un dato su tutti, per far capire quanto è grave il problema: più dell’80% degli adolescenti che pratica attività fisica, hanno subito episodi di bullismo ed esclusione durante le ore scolastiche o in luoghi dedicati all’attività fisica, come centri estivi e palestre – denuncia Valeria Galfano, atleta e medico dietologo. “Almeno la metà di questi episodi giudicanti sono generati dai coach e dai professori di educazione fisica, quindi proprio da quei professionisti che dovrebbero educare alla salute e allo sport, in modo sano”. Questi comportamenti, ovviamente, non fanno altro che favorire la sedentarietà anche per diversi anni dopo l’episodio traumatico, danneggiando la qualità di vita nel suo complesso, in una sorta di circolo vizioso.

È urgente sensibilizzare e formare anche i professionisti dello sport sullo stigma del peso e sulle sue conseguenze.

Il linguaggio come cura e non come ferita

L’obesità è una malattia cronica, progressiva e recidivante – dal 1° ottobre 2025 riconosciuta per la prima volta anche a livello legislativo grazie all’approvazione della Legge Pella – ma ancora troppo spesso associata a stereotipi e discriminazioni sul peso. Le parole, sottolineano gli Esperti intervenuti, non sono mai neutre e uguali per tutti: possono rafforzare lo stigma o, al contrario, diventare veicoli di rispetto e coesione sociale.

Quando si parla di obesità, il linguaggio diventa parte integrante della cura.

Abbiamo bisogno di un nuovo modo di parlare di obesità e di disturbi alimentari.

Espressioni come “obeso/a” o “persona in sovrappeso” spesso riducono l’individuo alla sua condizione fisica, alimentando giudizi impliciti (“… hanno sempre interiorizzato l’idea che la forma fisica è un merito, ed è anche uno strumento di valutazione del valore delle persone…, Dr. Edoardo Mocini, Medico Dietologo, Divulgatore).
 La comunicazione consapevole invita invece a mettere la persona prima della malattia – ad esempio dicendo persona con obesità” (“tu non sei la tua malattia”) – e a evitare termini connotati da bias, ironia o scherno.

Un linguaggio inclusivo non è un semplice esercizio di forma, ma un atto di responsabilità sociale. Studi scientifici mostrano come lo stigma linguistico possa avere effetti concreti sulla salute: chi sperimenta discriminazione legata al peso tende a evitare cure mediche, ad avere una peggiore salute mentale e a interiorizzare il pregiudizio, con un impatto negativo sul benessere complessivo.

Il linguaggio può ferire ma anche costruire consapevolezza e cambiamento. Un linguaggio che sia: rispettoso, consapevole, inclusivo.

Le parole possono essere barriere, oppure ponti”. È quanto ricorda Eligio Linoci, Presidente dell’Associazione La Mattina Dopo Odv e Vicepresidente FIAO. – «Con questa iniziativa vogliamo ribadire il nostro impegno per i pazienti e i caregiver, perché nessuno resti indietro di fronte all’obesità e alle sue numerose complicanze

Lara LagoRiconoscere sempre la libertà individuale del paziente

E quindi ascoltare i pazienti, ascoltarli, davvero – sottolinea Lara Lago, giornalista e body activist – Tra i messaggi che ricevo più spesso sui social ci sono quelli di persone che mi raccontano tantissimi episodi di grassofobia medica”.

Se io non mi sento sicura, nemmeno quando vado dal mio medico o dal mio endocrinologo, come posso poi instaurare un rapporto di fiducia? Come posso volerci tornare? Come posso pensare che ho il diritto di prendermi cura della mia salute? È un pensiero che ti porta in tutta la direzione opposta. Infatti la maggior parte dei messaggi conclude dicendo che dal medico non ci va. Quindi se l’obiettivo è la salute, garantire salute a tutti, abbiamo il dovere di creare sempre più un ambiente medico che sia accogliente, che sia in ascolto” ribadisce Lago.

Parlare di obesità in modo rispettoso: un cambiamento culturale

Adottare un linguaggio consapevole significa anche rifiutare l’ironia e il giudizio che spesso accompagnano la rappresentazione del corpo nelle narrazioni mediatiche ma anche in ambito medico. Significa riconoscere la pluralità dei corpi e delle esperienze, non essere giudicanti, promuovendo un discorso pubblico che non colpevolizzi ma sostenga il diritto alla cura, al rispetto e alla dignità della persona.
L’educazione al linguaggio è parte integrante di un cambiamento culturale più ampio, che deve coinvolgere media, istituzioni, scuole e professionisti della salute.

Solo così sarà possibile trasformare le parole in strumenti di equità, rispetto e consapevolezza collettiva.

FIAO: stop a stigma e pregiudizi verso le persone con obesità

Un tema di salute pubblica e diritti

Secondo la FIAO (Federazione Italiana delle Associazioni Obesità) , il contrasto allo stigma del peso deve procedere insieme allo sviluppo di strategie di prevenzione, accesso alle cure e una presa in carico uniforme a livello nazionale.
La recente approvazione definitiva al Senato della legge 741 “Disposizioni per la prevenzione e la cura dell’obesità” rappresenta un passo fondamentale: l’obesità non è più ridotta a una questione di scelte alimentari individuali, ma riconosciuta come patologia cronica, progressiva e recidivante. La speranza è ora un iter rapido al Senato e l’approvazione del nuovo Piano Nazionale Cronicità.

Un progetto condiviso, da portare anche nelle scuole

Il ciclo di incontri proseguirà con appuntamenti in altre città e nelle scuole, per stimolare una riflessione collettiva sull’impatto degli stereotipi sul peso nella società e fornire strumenti per un uso responsabile delle parole.

Aurora Caporossi«Dal 2021 lavoriamo nelle scuole con un approccio preventivo ed educativo. Non ci limitiamo a parlare di sani stili di vita: affrontiamo l’educazione alimentare come un percorso di consapevolezza del legame tra cibo ed emozioni. Aiutiamo gli studenti a riconoscere le risposte del corpo nelle diverse situazioni emotive, perché a volte il sollievo dai problemi quotidiani viene cercato proprio nel cibo. Il nostro è un lavoro sistemico su corpo, cibo e peso — tre elementi centrali nella vita di ognuno di noi — e parte dallo smantellare falsi miti e modelli spesso distorti. È un percorso di comunicazione corretta rivolto non solo agli studenti, ma anche ai docenti e, indirettamente, alle famiglie.
È fondamentale comprendere come parlarne: sebbene il corpo non sia un tema “sociale” in senso stretto, è la prima cosa che notiamo in una persona. Il rapporto che ciascuno ha con il proprio corpo è profondamente intimo, e quella intimità va rispettata anche nel modo in cui ne comunichiamo
», spiega Aurora Caporossi, CEO e founder di AnimentaCome Stai DCA.

Leggerezza non è superficialità

La manifestazione si è conclusa con l’intervento comico di Emiliano Luccisano, attore e comico, che ha affrontato con leggerezza un tema complesso, rendendo evidente come l’ironia possa aiutare a riflettere senza sminuire la gravità del problema.
L’iniziativa è stata realizzata con la partecipazione di Animenta, in partnership con Comestai, ECPO – The European Coalition for People living with Obesity, e con il contributo non condizionante di Novo Nordisk, Promopharma, Noronan e Zreen.

VUOI RIVEDERE TUTTO L’EVENTO?

Guardalo su You Tube, “Corpo, Stereotipi e Pregiudizi: Il Peso delle Parole” (durata: 1:39:51)
https://www.youtube.com/watch?v=az_4wM2D2oc

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