Ipertensione arteriosa: le nuove strategie per sconfiggerla

Ipertensione arteriosa: le nuove strategie per sconfiggerla

A cura della Società Italiana di Prevenzione Cardiovascolare (SIPREC)**

SIPREC 2019

Al congresso della SIPREC, che si è svolto a Napoli il 21-23 marzo 2019, sono state presentate numerose relazioni dedicate alle più recenti strategie terapeutiche per combattere l’ipertensione arteriosa, oggi considerata uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolari.
Un’emergenza mondiale, che colpisce anche l’Italia, sia per l’elevata prevalenza (1 italiano su 4 è iperteso) che per la scarsa percentuale di persone ipertese che soddisfano i target di trattamento: in Italia, meno del 40 per cento (40%). Di seguito alcune considerazioni degli esperti SIPREC per superare il problema, a commento delle più recenti Linee Guida.

Ipertensione arteriosa: il “killer silenzioso”

L’ipertensione arteriosa è uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare; i farmaci che il medico ha a disposizione per trattarla sono molti e ben collaudati, ma ancora troppo pochi sono i pazienti che raggiungono l’obiettivo dei 130 mmHg di pressione sistolica (pressione massima) ritenuto ottimale. Le nuove linee guida europee e americane dell’ipertensione suggeriscono dunque nuove strategie di trattamento per colmare questo gap, in particolare consigliano di iniziare il trattamento associando – da subito – con l’associazione di due farmaci in un’unica pillola, per raggiungere il target di trattamento entro tre mesi.

Nonostante la terapia, in Italia, solo il 37% degli ipertesi è ‘a target’

È quanto emerge da recenti ricerche epidemiologiche raccolte dai Medici di Medicina Generale, i primi ai cui si rivolgono i pazienti; un problema non da poco considerato, che ad essere affetto da ipertensione è circa un quarto dei soggetti adulti e oltre il 70 per cento (70%) dei soggetti con età superiore ai 65 anni.

Un ‘fallimento’ terapeutico e un appuntamento mancato con la prevenzione cardiovascolare (l’ipertensione è uno dei fattori di rischio di maggiore impatto per ictus e malattie cardiovascolari) che può avere tante spiegazioni, dalla mancata aderenza alla terapia (il numero dei ‘discontinuers’, cioè dei soggetti ipertesi che abbandonano il trattamento supera il 50-60 per cento (50-60%) del totale secondo stime recenti condotte in Italia), alla necessaria revisione delle strategie e degli obiettivi terapeutici.

“A questi aspetti – ricorda il prof. Massimo Volpe, presidente della Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (SIPREC) e ordinario di Cardiologia presso l’Università ‘La Sapienza’, Ospedale Sant’Andrea di Roma – ha dato grande rilevanza l’ultima edizione delle linee guida europee, siglata congiuntamente dalla Società Europea dell’Ipertensione (ESH, chairman il professor Giuseppe Mancia) e dalla Società Europea di Cardiologia (ESC, chairman il professor Bryan Williams)”.

Le novità delle più recenti Linee Guida

I nuovi concetti che emergono dall’ultima edizione delle linee guida europee sull’ipertensione relativi alle nuove strategie da adottare sono:u l’impiego preferenziale delle associazioni di due farmaci nella stessa pillola (associazioni precostituite di antipertensivi) sin dall’inizio del trattamento e il raggiungimento degli obiettivi terapeutici nel minor tempo possibile, idealmente entro i primi tre mesi.

“La tradizionale terapia ‘a scalini’ dell’ipertensione arteriosa – riflette il prof. Volpe – non consente di raggiungere il traguardo terapeutico dei 130 mmHg di pressione sistolica entro 3 mesi. Per questo le nuove linee guida suggeriscono di iniziare subito il trattamento con un’associazione di due farmaci (tipicamente un ACE inibitore o un sartano insieme a un calcio antagonista o a un diuretico), preferenzialmente in associazione precostituita, cioè in un’unica pillola, per favorire la compliance del paziente. La monoterapia andrà riservata ai pazienti con ipertensione di grado 1, agli anziani e ai pazienti più fragili, che non rappresentano più del 20-25 per cento degli ipertesi”.

Prima si raggiunge l’obiettivo terapeutico, maggiore e più sostenuto sarà il vantaggio cardiovascolare

“Nei cosiddetti ‘immediate responders’ , cioè nei pazienti che rispondono entro i primi 3 mesi – spiega il prof. Volpe – si ottiene infatti una maggiore riduzione degli eventi cardiaci fatali e non fatali, dei casi di ictus e di infarto, dei ricoveri per scompenso cardiaco e della mortalità per tutte le cause. Seguendo i criteri della rapida riduzione della pressione arteriosa (raggiungere il target di sistolica entro tre mesi) e di utilizzare da subito le associazioni di 2 farmaci all’interno di una singola pillola, probabilmente la nostra generazione di medici riuscirà finalmente a vedere ridotta in maniera importante la percentuale di ipertesi non a target”.

“L’ipertensione arteriosa – afferma il professor Giuliano Tocci, responsabile del Centro ipertensione dell’Ospedale Sant’Andrea e professore associato di Cardiologia, Università ‘La Sapienza’ di Roma – rappresenta ancora oggi il principale fattore di rischio responsabile di eventi fatali a livello mondiale. Le principali malattie cardiovascolari, tra cui infarto, ictus, insufficienza cardiaca, sono molto spesso riconducibili a un aumento della pressione arteriosa, che si è protratto per anni, spesso in modo del tutto asintomatico, determinando un aumento del rischio di eventi cardiovascolari fatali”. Nonostante sia nota da tempo la stretta relazione esistente tra ipertensione e rischio di eventi cardiovascolari fatali, il controllo dell’ipertensione arteriosa in Italia e nel mondo è ancora largamente insoddisfacente.

Differenze e convergenze tra le Linee Guida Americane ed Europee

“Sulla base di tali considerazioni e in virtù dell’enorme impatto socio-economico e sanitario a livello della popolazione generale – prosegue il dottor Tocci – appare giustificato il grande interesse rivolto alle nuove edizioni delle linee guida internazionali per la diagnosi e la terapia dell’ipertensione arteriosa.

Le nuove linee guida americane ed europee differiscono sotto vari punti di vista: · i criteri diagnostici, · gli strumenti per la stima del rischio cardiovascolare, · la scelta dei farmaci e · l’intensità del trattamento farmacologico.

Entrambe le edizioni delle linee guida, invece concordano nel sostenere che l’ipertensione arteriosa è una condizione ad elevato impatto sociale, che andrebbe prevenuta soprattutto attraverso un corretto stile di vita e la correzione delle abitudini sbagliate (fumo, sedentarietà, dieta con eccessivo consumo di grassi e calorie).

Altro punto di convergenza tra linee guida europee e americane è il fatto che, una volta che la malattia si è resa manifesta, il controllo dei valori pressori andrebbe raggiunto il più rapidamente possibile e mantenuto entro i valori considerati normali, al fine di ridurre il rischio di complicanze cardiovascolari, cerebro-vascolari e renali. A tal fine l’uso delle terapie di combinazione precostituite si è dimostrato un elemento molto utile nella gestione clinica quotidiana dell’ipertensione arteriosa – conclude Tocci – soprattutto in virtù del fatto che tali terapie hanno dimostrato di garantire una migliore aderenza alla terapia, particolarmente nel paziente che assume diversi farmaci o strategie terapeutiche complesse (paziente politrattato)”.

La Società Italiana di Prevenzione Cardiovascolare (Siprec) è una società scientifica multidisciplinare che annovera tra i suoi membri molteplici esperti di varie discipline (per es cardiologi, diabetologi, medici internisti, medici di medicina generale, pediatri, medici dello sport, nutrizionisti e farmacisti).
Grazie a questa multidisciplinarietà, Siprec assicura le competenze necessarie allo studio, alla diagnosi e alla terapia della prevenzione cardiovascolare.

Siprec interagisce attivamente con le Istituzioni, i medici e la popolazione su tematiche che riguardano la prevenzione di tutte le malattie correlate all’aterosclerosi come diabete, obesità, infarto, obesità, ictus, insufficienza renale.

References

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