A cura del Dott. Gianpiero Garau, ricercatore dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT)** presso il Centro IIT@NEST della Scuola Normale di Pisa.
Capire meglio la regolazione del nostro appetito per agire sul controllo del peso e non solo
Con il mio gruppo di ricerca all’Istituto Italiano di Tecnologia di Pisa, lavoro da qualche anno sui meccanismi che regolano il piacere e il benessere indotto da quello che mangiamo. Capire come l’appetito venga regolato è la chiave per lo sviluppo di interventi efficaci per la regolazione del peso corporeo e della nostra salute alimentare.
Premetto. Lo studio che vi illustro oggi è stato indirizzato a soggetti normoglicemici
L’effetto della presenza di patologie (per es. diabete) non è stato ancora preso in considerazione nel dettaglio. Tuttavia la prospettiva è che la nostra condizione di persone con diabete ci possa fornire a breve con i nostri sensori uno strumento non solo in grado di monitorare in continuo i livelli di glucosio nel tempo, ma anche un utile strumento per illustrare in modo quantitativo il profilo del nostro appetito nel tempo, utile ad ottimizzare il controllo generale in funzione dell’attività che svolgiamo.
Casistica e metodi dello studio
Lo studio in oggetto è stato coordinato dalla Dr.ssa Ana M. Valdes e collaboratori della School of Medicine di Nottingham e del King’s College di Londra e di altri centri, ed è stato pubblicato da pochi giorni sulla prestigiosissima rivista scientifica Nature Metabolism. In esso si valida che il monitoraggio continuo del glucosio nel tempo riesce a prevedere il nostro appetito, quindi la fame e la dimensione dei nostri pasti successivi.
Gli studiosi hanno seguito le abitudini alimentari di 1.070 adulti sani nel Regno Unito e negli Stati Uniti per 2 settimane. I partecipanti allo studio hanno fatto una colazione prestabilita e poi digiunavano per 3 ore. Dopodiché hanno mangiato come preferivano. Nel corso dello studio, i partecipanti indossavano sensori che monitoravano continuamente i livelli di zucchero nel sangue e l’attività, e registravano i loro pasti e i livelli di fame in un’app dedicata.
Monitoraggio glucosio e appetito: i principali risultati dello studio
Il calo dei livelli di zucchero nel sangue di una persona poche ore dopo un pasto essenzialmente riesce a stimare la predisposizione di quanto potremmo mangiare nel resto della giornata, suggerendo che l’intensità della fame nel tempo possa essere di fatto quantificata/stimata.
In tutto il gruppo di soggetti valutati nello studio, il calo dei livelli di zucchero nel sangue 2-3 ore dopo la colazione corrispondeva alle dimensioni dei pasti che i partecipanti assumevano nelle 24 ore successive e corrispondeva ai livelli di fame riportati dai pazienti soggettivamente nell’app.
Gli autori affermano che lo studio, il più grande del suo genere, fornisce la migliore prova che i cali di zucchero nel sangue potrebbero essere un possibile biomarcatore dell’appetito. I cali della glicemia nel tempo però sono solo una parte del quadro. Infatti, è noto come il nostro appetito sia influenzato da una miriade di fattori sociali, psicologici, sensoriali, nonché – ovviamente – dallo stato generale di salute. Tuttavia, i sensori glicemici possono di fatto aiutarci a monitorare nel tempo anche la nostra fame.
Quale relazione tra glucosio post-prandiale, appetito e assunzione di calorie?
Con questo studio si è dimostrato come i cali glicemici postprandiali 2-3 ore dopo un pasto sono il migliore predittore della fame (auto-riferita) postprandiale e del successivo apporto energetico alimentare, rispetto al picco di glucosio a 0-2 ore e all’area incrementale del glucosio sotto la curva della glicemia a 0-2 ore.
I ricercatori hanno esplorato e validato il rapporto tra il glucosio postprandiale, l’appetito, e la successiva assunzione di calorie in 1.070 partecipanti da un gruppo di validazione esplorativa (nel Regno Unito e Stati Uniti), che hanno consumato 8.624 pasti standardizzati (prestabiliti), seguiti da 71.715 pasti ad libitum (a piacere, a volontà). I soggetti usavano sensori per registrare la glicemia postprandiale.
Per i partecipanti che consumavano ciascuno dei pasti standardizzati, il calo medio del glucosio postprandiale a 2-3 ore rispetto al livello basale riusciva a predire:
- l’aumento della fame a 2-3 ore (r = 0,16, P <0,001);
- un tempo più breve fino al pasto successivo (r = −0,14, P <0,001);
- il maggiore apporto energetico a 3–4 ore (r = 0,19, P <0,001);
- un maggiore apporto energetico nelle 24 ore (r = 0,27, P <0,001).
Questi dati forniscono una valutazione quantitativa della rilevanza della glicemia postprandiale nell’appetito e nella modulazione dell’apporto energetico nelle ore successive della giornata.
Reference
- Wyatt P et al – Postprandial glycaemic dips predict appetite and energy intake in healthy individuals. 2021 Nature Metab 3, 523–529
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