Approvato da FDA il primo farmaco per ritardare l’esordio clinico del diabete tipo 1

Approvato da FDA il primo farmaco per ritardare l’esordio clinico del diabete tipo 1

La notte (ora italiana) tra il 17 e il 18 novembre 2022, ha segnato una tappa fondamentale nella storia del diabete tipo 1. L’Agenzia americana FDA (Food and Drug Administration), infatti, ha approvato il Teplizumab, il primo trattamento al mondo in grado di rallentare l’esordio clinico della malattia. Per la prima volta nella storia, esiste una terapia approvata che affronta l’autoimmunità alla base del diabete di tipo 1 che come noto ha un esordio spesso brusco e repentino, prevalentemente in bambini e adolescenti ma che può comparire anche negli adulti. Secondo gli studi condotti, il teplizumab è il primo farmaco immunomodulatore che ha dimostrato un significativo ritardo nella progressione della malattia nei soggetti ad alto rischio prima dell’esordio clinico.

Il farmaco è prodotto da Provention Bio, che collaborerà con Sanofi per commercializzarlo negli Stati Uniti.

Il team di ricercatori del Diabetes Research Institute in un recentissimo articolo ha approfondito le informazioni su questo nuovo farmaco, che rappresenta una vera scoperta nel trattamento precoce del diabete tipo 1 nei soggetti ad alto rischio.

Che cos’è il Teplizumab?

Il principio attivo denominato Teplizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato della classe IgG1 che riconosce una parte di un complesso molecolare espresso sui linfociti T (CD3ε chain of the T-cell receptor complex), una classe di globuli bianchi coinvolta nella risposta immunitaria. Gli anticorpi monoclonali sono anticorpi diretti contro uno e un solo antigene, che possono essere prodotti in quantità illimitata grazie a tecniche di immunologia cellulare e ingegneria genetica.

Il Teplizumab non previene lo sviluppo del diabete tipo 1 ma lo ritarda.

Come agisce il Teplizumab?

Come si legge nell’articolo del Diabetes Research Institute (DRI): “Il farmaco non previene lo sviluppo del diabete tipo 1 ma lo ritarda. Il farmaco è stato approvato da FDA il 17 novembre 2022 dopo una prima valutazione non positiva avvenuta nel Maggio 2021 per la necessità di completare alcuni dati di farmacocinetica e riassestare alcuni elementi della produzione.

Il potenziale del farmaco di ritardare la diagnosi clinica del diabete di tipo 1 può fornire ai pazienti mesi o anni senza il peso della malattia.

Chi può trarre benefici da questo farmaco?

Possono beneficiarne i soggetti con più di 8 anni con predisposizione al diabete tipo 1 nei quali quindi lo screening abbia evidenziato due o più autoanticorpi e che abbiano una condizione di “disglicemia” definita con uno dei seguenti parametri:

  • una glicemia a digiuno uguale o superiore a 110 mg/dL e inferiore a 125 mg/dL;
  • una glicemia uguale o superiore a 140 mg/dL e inferiore a 200 mg/dL a due ore dopo un test da carico orale di zucchero (OGTT)
  • una glicemia uguale o superiore a 200 mg/dL al tempo 30, 60 o 90 minuti durante OGTT

Qual è la posologia di Teplizumab?

Il farmaco prevede la somministrazione intravenosa quotidiana (tempo minimo 30 minuti) per 14 giorni consecutivi con una dose proporzionale alla superficie corporea da stabilire insieme al medico.

Possono sorgere effetti indesiderati?

Gli effetti secondari associati alla somministrazione di Teplizumab sono riconducibili al meccanismo d’azione e come per tutti i farmaci non sono irrilevanti. Per l’elenco dettagliato si rimanda all’articolo a firma del Prof. Lorenzo Piemonti, Direttore del Diabetes Research Institute: “Ritardare l’esordio clinico del diabete di tipo 1: Teplizumab approvato da FDA” (link in fondo).

Quando sarà disponibile in Europa e in Italia?

Teplizumab non è ancora disponibile in Europa e non si sa ancora se e quando il farmaco arriverà in Italia. Per arrivare nel nostro Paese, l’azienda produttrice dovrà sottoporlo all’approvazione dell’ Agenzia europea per i medicinali (EMA) e dell’ Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Queste procedure richiederanno qualche mese, quindi occorre avere pazienza. Una volta che il farmaco sarà approvato anche in Italia, occorrerà capire meglio a chi e come somministrarlo anche in base ai costi.

È un importante passo nel campo del diabete tipo 1 – spiega il prof. Emanuele Bosi, primario dell’Unità di Medicina Generale indirizzo diabetologico ed endocrino-metabolico all’IRCCS Ospedale San Raffaele da sempre in prima linea negli studi di prevenzione, nonché uno dei principali ricercatori della rete TrialNet – che segna una svolta scientifica e culturale importante in questa malattia. Da anni siamo in grado di predire la malattia in modo adeguato, ma non potevamo offrire un trattamento con lo scopo di ritardare lo sviluppo del diabete tipo 1. Ora questa prospettiva si sta concretizzando sperando che presto si potrà anche prevenire e non solo ritardare. Nel frattempo dobbiamo sottolineare l’importanza di iniziare ad immaginare come individuare i soggetti che potrebbero beneficiare di questo farmaco, per esempio con campagne di screening basate sul dosaggio degli auto anticorpi.”

“Le conseguenze di questa approvazione sono molto più ampie di quanto non si possa immaginare e non riguardano solo gli aspetti strettamente clinici – conclude il prof. Lorenzo Piemonti, direttore del DRI di Milano e primario dell’Unità di Medicina Rigenerativa e dei Trapianti all’IRCCS Ospedale San Raffaele – si discuterà molto sul rapporto rischio beneficio nella pratica clinica, si dovrà cambiare l’attuale disegno standard degli studi di prevenzione con qualche difficoltà per gli approcci che prevedono strategie in cui l’azione del farmaco potrebbe risultare antagonista ma soprattutto spingerà ad identificare precocemente la malattia, prima dell’esordio clinico. Questo sarà un grosso punto di riflessione più generale per il futuro che dovremo risolvere per evitare il rischio di avere trattamenti potenzialmente efficaci ma non essere in grado di identificare i pazienti che ne possano beneficiare”.

“C’è una grande attesa in Europa e in Italia, dove si aspetta il via libera da parte di EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) e AIFA, perché il Teplizumab ha mostrato di essere efficace nel prevenire la perdita di funzione delle cellule beta del pancreas, che nei soggetti con diabete mellito sono aggredite e progressivamente distrutte dal sistema immunitario del paziente”. Così in una nota Raffaella Buzzetti, presidente eletto della Società Italiana di Diabetologia (SID).

Partecipare allo screening familiare è il primo passo fondamentale per sapere se si rischia o meno di diventare diabetici di tipo 1.

Che cosa è possibile fare in attesa che Teplizumab arrivi anche in Italia?

In attesa che l’iter burocratico faccia il suo corso, la prima cosa utile da fare è capire se si è a rischio di diabete di tipo 1, soprattutto se si ha un familiare con la malattia. Questo è possibile rivolgendosi – gratuitamente – al Centro di Prevenzione del diabete tipo 1 FID-Innodia-San Raffaele, che porta avanti lo screening familiare da più di 30 anni. L’accesso si può fare comodamente da casa propria, senza dover andare fino a Milano.

Per richiedere informazioni per lo screening familiare potete scrivere a:
Email → prevenzione.diabetetipo1@hsr.it

Si è parlato di Teplizumab anche all’ultimo Panorama Diabete 2023

“Dopo circa 30 anni di studi e relativi trial clinici finalizzati alla prevenzione dell’insorgenza clinica del diabete tipo 1 nei soggetti a rischio – ha dichiarato  Raffaella Buzzetti, presidente eletto della Società Italiana Diabetologia (SID) – l’approvazione negli Stati Uniti di un farmaco capace di dilazionare di circa 2 anni l’insorgenza della malattia apre nuovi scenari. Al di là dell’efficacia di questa molecola che necessita di ulteriori studi a lungo termine, questa approvazione offre nuova linfa ed entusiasmo, dopo anni di attesa, nella ricerca di base e nell’implementazione di studi clinici per prevenire o addirittura curare il diabete tipo 1”.

“Si tratta di una delle novità più importanti nel campo della diabetologia per il diabete di tipo 1 in cui il nostro Paese ha giocato un ruolo importante, contribuendo a costruire questa prospettiva con la propria ricerca scientifica – ha sottolineato il prof. Piemonti, presidente del Comitato scientifico SID, È importante che ciò avvenga proprio mentre in Parlamento è in discussione l’approvazione di una legge che introduce per la prima volta al mondo lo screening di popolazione per il diabete di tipo 1: un primato che porrebbe l’Italia all’avanguardia nella predizione e prevenzione di questa malattia”.

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