Al 30° Congresso Nazionale della SID, Società Italiana di Diabetologia (Rimini, 23-26 ottobre 2024) sono emerse nuove prospettive sulla prevenzione del diabete tipo 2, con un dibattito centrale: su quale organo intervenire per prevenire la malattia? La ricerca ha fatto passi avanti nello studio dei meccanismi che regolano la glicemia, ma resta aperta una domanda cruciale: quale sequenza di eventi si verifica negli organi coinvolti nell’omeostasi del glucosio?
Secondo il Prof. Andrea Natali, promotore della sessione dedicata a questo argomento, “non sappiamo ancora se sia nato prima l’uovo o la gallina“, facendo riferimento alla complessità nell’individuare l’organo “target” per prevenire il diabete. L’interrogativo è se concentrare gli interventi su fegato e intestino piuttosto che su muscolo e pancreas.
Prediabete e controllo glicemico: cosa emerge dal Congresso di Rimini?
Secondo il Prof. Angelo Avogaro, Presidente uscente della Società Italiana di Diabetologia (SID), arrestare il processo che porta al diabete di tipo 2 significa identificare il primo tessuto che subisce alterazioni. Gli studi presentati al Congresso hanno mostrato che il prediabete è caratterizzato da insulino-resistenza, ma non sempre questa condizione viene compensata da un aumento della secrezione di insulina. Studi recenti, come quelli di Tricò (1), hanno messo in discussione questa teoria, suggerendo che una maggiore secrezione insulinica, in presenza di insulino-resistenza, possa predisporre al diabete. Altri studi hanno rivelato l’importanza della velocità di assorbimento di glucosio nella genesi della alterata tolleranza al glucosio.
Il ruolo delle cellule beta (quantità o funzione?) e del fegato nella patogenesi del diabete tipo 2
Negli ultimi anni, la ricerca ha portato alla scoperta di nuovi tessuti e meccanismi coinvolti nel controllo della glicemia. Le cellule beta, note per la loro capacità di secernere l’ormone insulina, rimangono centrali, ma anche le cellule alfa, responsabili della produzione dell’ormone glucagone, e gli epatociti (cellule del fegato), che rilasciano glucosio nel sangue, giocano un ruolo importante.
L’intestino contribuisce, inoltre, al mantenimento della glicemia tramite il rilascio di ormoni come GLP-1 e GIP, che stimolano la secrezione di insulina e l’assorbimento del glucosio. Ma come sottolineato dal prof. Natali, “nel diabete di tipo 2 tutti questi meccanismi sono alterati, e non è ancora chiaro in che ordine temporale avvengano i cambiamenti“. Pertanto, è necessario individuare il primo tessuto a essere compromesso per poter fermare l’evoluzione della malattia.
Al Congresso si è discusso anche di un’altra questione aperta: il diabete di tipo 2 è causato da una riduzione della massa delle cellule beta o da una loro disfunzione?
Gli studi di Mezza in pazienti non diabetici sottoposti a pancreasectomia parziale (quando i chirurghi asportano solo una parte del pancreas) sembrano indicare che la funzione è più importante della massa beta cellulare nel prevedere lo sviluppo di diabete tipo 2. Ciò suggerisce che futuri interventi preventivi dovrebbero concentrarsi più sulla preservazione della funzione delle cellule beta piuttosto che sull’aumento della loro massa.
Anche il ruolo del fegato è stato oggetto di approfondimento: l’insulino-resistenza epatica è una caratteristica del prediabete, ma il contributo di questa condizione all’alterazione della glicemia a digiuno non è ancora completamente chiarito. Ulteriori ricerche saranno fondamentali per delucidare questi aspetti e migliorare le strategie di prevenzione.
Nutrient preload: un approccio emergente per il controllo glicemico post-prandiale
Un altro tema centrale emerso dal Congresso di Rimini è il controllo della glicemia dopo i pasti, che rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo del diabete di tipo 2. Le attuali terapie farmacologiche per gestire questo aspetto non sono supportate da solide evidenze scientifiche, e l’aderenza alle diete restrittive spesso risulta poco sostenibile nel lungo periodo.
Tuttavia, un approccio emergente di medicina nutrizionale (“nutrient preload”), ossia l’ingestione di una piccola quantità di cibi ricchi di proteine e grassi all’inizio del pasto, ha dimostrato di migliorare la tolleranza al glucosio in modo semplice e senza controindicazioni (1). Questo metodo, di facile implementazione, potrebbe rappresentare una svolta nel migliorare l’aderenza dei pazienti e nel prevenire l’insorgenza del diabete.
Conclusioni dal Congresso di Rimini 2024
Il 30° Congresso Nazionale della SID, appuntamento fisso di ottobre a Rimini, ha messo in luce quanto sia ancora complesso capire la sequenza di eventi che portano all’insorgenza del diabete di tipo 2. Tuttavia, è emerso chiaramente che identificare il primo organo coinvolto e il processo biologico iniziale è essenziale per migliorare la prevenzione della malattia. L’approccio al controllo glicemico post-prandiale e la preservazione della funzione delle cellule beta sono solo alcune delle strategie innovative discusse, che potrebbero avere un impatto significativo nella lotta contro il diabete.
References
- Mengozzi A, Nesti L, Tricò D – Ottimizzare la sequenza di ingestione dei macronutrienti per migliorare il controllo glicemico postprandiale: dalla ricerca alla pratica clinica. Il-Diabete-2020-Vol-32-N-1-07