Non solo influenza dai suini. Potrebbe celarsi nei maialini di un gruppo di isole remote la chiave per curare il diabete di tipo 1. Questi preziosi animali sono i discendenti diretti di un gruppo portato dalle baleniere sulle Isole Auckland, a 300 miglia dalla Nuova Zelanda, nel XIX secolo. Dal momento che non hanno avuto contatti con l’uomo, questo li rende virtualmente liberi dalle malattie e, dunque, una potenziale fonte di tessuti per i trapianti. Gli scienziati della Living Cells Technologies diretti da Bob Elliott ne hanno allevati alcuni in ambienti assolutamente sterili per trapiantarne le cellule in otto pazienti con diabete di tipo 1.La speranza è quella che le cellule suine stimolino la produzione di insulina (ormone vitale per la conversione dello zucchero in energia) da parte del pancreas dei pazienti. Un trattamento che difficilmente permetterà di curare la malattia, ma potrebbe ridurre il quantitativo di insulina necessaria ai diabetici. Così i maialini sono stati ospitati e allevati in ‘pig palaces’, interamente sterili. Elliott si è detto ottimista sull’efficacia del trattamento, anche se ammette che probabilmente non eliminerà tutti i sintomi. Lo stesso team ha già condotto due piccoli trial, il primo con sei pazienti in Nuova Zelanda e il secondo in Russia su dieci soggetti. Le cellule impiantate in uno dei volontari dello studio neozelandese a 12 anni di distanza continuano a produrre insulina. Prova che la metodologia può funzionare, dice il ricercatore sul ‘Daily Mail’. Negli altri casi le cellule suine sono state rigettate o hanno smesso di produrre insulina dopo un anno. E anche il pericolo che virus degli animali possano passare all’uomo, secondo Elliott, è “teorico: non ci sono prove di un pericolo in questo senso”, ha detto il medico, che ha selezionato i volontari da un gruppo di 1.000 pazienti con una forma di diabete instabile. L’endocrinologo John Baker del Middlemore Hospital di Auckland ha iniziato a seguire il primo volontario, che riceverà prossimamente l’impianto di cellule di maiale, mentre prima di passare a un secondo paziente passeranno diversi mesi. Le cellule saranno avvolte in una membrana derivata dalle alghe, per proteggerle e scoraggiare il rigetto da parte del sistema immunitario del paziente. Questo sistema eviterà, conclude l’esperto, l’assunzione di medicinali anti-rigetto.
Fonte: Adnkronos Salute, 24 luglio 2009