A cura della prof.ssa Maria Rita Montebelli* e del dr. Andrea Sermonti**, Ufficio stampa SID
Molte persone con diabete di tipo 2 soffrono anche del cosiddetto ‘fegato grasso’ (steatosi epatica non alcolica) che nelle forme più gravi può evolvere fino alla cirrosi epatica. Secondo i criteri indicati nelle nuove linee guida di tre società scientifiche europee (EASD/EASL/EASO) è possibile definire un profilo di ‘rischio-fegato’, attraverso dei calcolatori di rischio che si basano su esami del sangue di routine, per individuare tra le persone con diabete quelle a maggior ‘rischio-fegato’, da inviare allo specialista epatologo per un’approfondita valutazione. Secondo una delle ricerche presentate dai giovani soci SID, Società Italiana di Diabetologia, al 55° congresso annuale dell’EASD, Barcellona 16-20 settembre 2019, potrebbero essere dal 13 al 28 per cento delle persone che afferiscono ad un ambulatorio di diabetologia.
Il fegato grasso, in termini medici steatosi epatica non alcolica è molto frequente tra i pazienti affetti da diabete di tipo 2. Si stima che una piccola percentuale di chi ne è affetto arriverà a progredire nel corso della vita verso complicanze come cirrosi epatica ed epatocarcinoma. Ad oggi, non vi è ancora consenso unanime su quale sia la modalità migliore per individuare questi pazienti nella pratica clinica. Le linee guida EASL/EASD/EASO suggeriscono di utilizzare dei “calcolatori di rischio” (score) non invasivi basati su comuni esami del sangue, per identificare i pazienti con steatosi epatica non alcolica e, tra questi, quelli che presentano un danno epatico più importante (fibrosi avanzata).
Obiettivi e metodi dello studio
La finalità di questo studio erano sostanzialmente due: 1) stimare quanti pazienti con diabete tipo 2 andrebbero inviati a uno specialista epatologo per una valutazione più approfondita secondo le linee guida EASL/EASD/EASO ovvero utilizzando score non invasivi e 2) valutare se vi sia un’associazione tra i valori di questi score e la presenza di complicanze croniche del diabete.
Lo studio ha preso in considerazione tutti i pazienti adulti con diabete tipo 2 seguiti presso il centro di Diabetologia del Policlinico di Monza dal 2013 al 2018. Sono stati calcolati diversi score di steatosi e fibrosi epatica ed è stata valutata la loro associazione con la presenza di complicanze del diabete, quali malattie cardiovascolari, insufficienza renale e presenza di microalbuminuria.
I risultati dello studio presentati al #EASD2019
“I risultati suggeriscono che, applicando l’algoritmo diagnostico delle linee guida – rivela il dr. Stefano Ciardullo dell’Università Milano Bicocca, Policlinico di Monza – tra i pazienti con diabete di tipo 2 seguiti presso un ambulatorio di diabetologia, il 13-28 per cento (13-28%) di questi andrebbero inviati allo specialista epatologo. Gli score non invasivi di fegato grasso hanno inoltre mostrato una buona correlazione con la presenza di microalbuminuria, mentre quelli di fibrosi epatica con la presenza di complicanze renali (insufficienza renale) e cardiovascolari (infarto del miocardio, ictus cerebrovascolare e problemi vascolari agli arti inferiori)”. Questo studio evidenzia dunque che, seguendo le linee guida congiunte EASL/EASD/EASO, i diabetologi dovrebbero inviare ai colleghi epatologi una percentuale rilevante dei loro pazienti per una migliore definizione della patologia epatica. Inoltre l’utilizzo di score non invasivi e semplici da ottenere nella pratica clinica potrebbe facilitare l’identificazione di soggetti a maggior rischio di complicanze renali e cardiovascolari del diabete.
Era già noto che la steatosi epatica non alcolica fosse una condizione frequente nei pazienti affetti da diabete mellito tipo 2 e che il diabete fosse un fattore di rischio per lo sviluppo di fibrosi epatica avanzata. Era inoltre noto che la steatosi epatica diagnosticata mediante ecografia si associava a maggior rischio di determinate complicanze del diabete tipo 2. Questo studio ha fornito una stima della percentuale di pazienti affetti da diabete di tipo 2 che avrebbero bisogno di una più approfondita valutazione epatologica nella pratica clinica di tutti i giorni. Ha inoltre mostrato come anche i biomarcatori di steatosi e fibrosi (oltre alla presenza di steatosi all’ecografia addominale) si associno alle complicanze del diabete.
“La nostra ricerca – conclude il prof. Gianluca Perseghin, ordinario di Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca, direttore Dipartimento Medicina Interna e Riabilitazione e Responsabile Unità Dipartimentale di Endocrinologia Policlinico di Monza, Monza – effettuato su un’ampia coorte di soggetti affetti da diabete tipo 2, mostra che secondo le più recenti linee guida congiunte europee, circa un paziente su cinque seguito nei nostri ambulatori di diabetologia andrebbe inviato ai colleghi epatologi a causa di un alto rischio di patologia epatica su base metabolica”.
References
Author Block: S. Ciardullo1,2, E. Muraca1,2, S. Perra1, G. Manzoni1, A. Oltolini1, F. Zerbini1, R. Cannistraci1,2, E. Bianconi1,2, A. Gastaldelli3, G. Lattuada1, G. Perseghin1,2 – Prevalence of nonalcoholic fatty liver disease in patients with type 2 diabetes and association with micro- and macrovascular complications.
1 Medicine and Rehabilitation, Policlinico di Monza, Monza, Italy
2 Università degli Studi Milano Bicocca, Monza, Italy
3 Institute of Clinical Physiology, CNR, Pisa, Italy
*La dott.ssa Maria Rita Montebelli è medico specialista in endocrinologia al Dipartimento di Scienze gastroenterologiche, endocrino-metaboliche e nefro-urologiche del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma.
Si occupa da molti anni di divulgazione medico-scientifica, come giornalista, moderatore di incontri scientifici, addetto stampa. Scrive per Quotidiano Sanità e per il portale Salute di Repubblica.
**Il dr. Andrea Sermonti è giornalista, laureato in Giurisprudenza all’Università La Sapienza di Roma, attualmente Direttore di StudioNews, Bruxelles, Società di servizi stampa, specializzata nell’offerta di service giornalistici per i quotidiani e on line nonché nell’organizzazione di conferenze ed eventi media.