A cura della Dott.ssa Stefania Comai*, psicologa dello sviluppo e dell’educazione con un Master in Psicobiologia della nutrizione e del comportamento alimentare.
Quasi trent’anni fa, l’OMS stilava un decalogo delle competenze fondamentali per affrontare in maniera efficace le sfide poste dalla quotidianità: consapevolezza di sé, capacità di gestione delle emozioni e dello stress, empatia, abilità di comunicare e stabilire relazioni efficaci, pensiero critico e creativo, problem solving e capacità decisionale. Da allora le life skills sono state frequente oggetto di programmi di promozione della salute con un semplice obiettivo: riconoscere ed allenare le risorse individuali per farne fattori di protezione rispetto al rischio di sviluppare o ricadere in condotte nocive per la salute. A distanza di tempo, le sfide sembrano essersi fatte più complesse e pervasive: le malattie croniche ne rappresentano un caso emblematico. Che fare quindi? Intanto partire riconoscendo e sviluppando le proprie competenze con fiducia e responsabilità. E c’è una buona notizia: si è sempre in tempo per imparare a farlo!
Quando nel 1948 l’OMS ha definito la salute “uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto l’assenza di malattia o infermità” si sono poste le basi per ampliare lo sguardo e considerare i diversi fattori che contribuiscono a determinare lo stato di salute. Accanto alla biologia ed alla genetica si è così riconosciuta l’influenza di fattori psicologici, emotivi e relazionali sul benessere personale. La diffusione di un paradigma bio-psico-sociale è ciò che ci consente oggi di considerare l’effetto giocato dallo stress, la qualità di vita, le relazioni sociali, il clima lavorativo – per citarne solo alcuni. Se da una parte è evidente che non si può mettere mano al proprio bagaglio biologico-ereditario, d’altro canto lo stile di vita (e il suo impatto sulla salute) è il risultato di scelte e comportamenti che mettiamo in atto quotidianamente e che sono ancora, in una certa misura, sotto il nostro potere. E l’adozione di sane abitudini di vita rappresenta ancora una delle armi più potenti per combattere le malattie croniche.
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità (per medici e pazienti)
Riconoscere il ruolo che aspetti psicologici e sociali possono giocare sul proprio stato di salute comporta alcune significative conseguenze. In primo luogo, l’importanza per gli operatori sanitari di comprendere il vissuto soggettivo del paziente rispetto alla malattia (Come la considera? Si sente in grado di gestirla? Se ne sente responsabile?), nonché al suo trattamento (Lo ritiene efficace? Quale sforzo gli richiede? Ha fiducia nel percorso di cura?) non rappresenta un semplice esercizio di empatia ma può promuovere un coinvolgimento più attivo della persona nel progetto terapeutico di cui è, in fondo, reale protagonista. La carta di Ottawa, redatta nel 1987 in occasione della prima Conferenza Internazionale per la Promozione della Salute, sottolinea infatti l’importanza per l’individuo di “acquisire maggiore controllo sul proprio stato di benessere psico-fisico e di migliorarlo”. D’altro canto, conquistare e mantenere questa padronanza richiede anche al paziente uno sforzo sostanziale: modificare le proprie abitudini quotidiane, motivarsi nel perseguire un percorso malgrado le difficoltà, sospendere il giudizio su di sé e sui propri risultati, individuare strategie realmente efficaci per raggiungere i propri obiettivi. Tanto più oggi, la significativa diffusione di malattie croniche porta in luce la necessità di lavorare sulla “capacità dell’individuo di adattarsi e autogestirsi”, ovvero di far fronte alle sfide che la propria condizione comporta (emotive, fisiche e sociali) in maniera efficace e funzionale.
Quali strumenti abbiamo quindi a disposizione per prenderci efficacemente cura di noi stessi, se è vero che abbiamo la possibilità e la responsabilità di farlo? Stando all’OMS disponiamo di un nucleo fondamentale di abilità che, se riconosciute ed allenate, possono renderci – a qualsiasi età – più resilienti e capaci di adattamento, anche a fronte di condizioni croniche che pervadono tutti gli ambiti di vita quale ad esempio l’obesità. Quali sono dunque le life skills e quale ruolo possono giocare nella quotidianità di chi convive con questa condizione? Iniziamo a considerarle.
Consapevolezza di sé
Riguarda il conoscere se stessi, i propri punti di forza o di debolezza, i bisogni, le preferenze, i desideri, le proprie emozioni. Può essere intesa a livello corporeo, emotivo o cognitivo.
- Consapevolezza corporea: percepire e riconoscere i segnali di fame/sazietà, esperire ed apprezzare le diverse sensazioni (olfattive, gustative, tattili, uditive e visive) legate a un alimento, identificare l’effetto di diversi cibi sull’organismo;
- Consapevolezza emotiva: percepire e saper nominare le emozioni che si provano prima e dopo aver mangiato, riconoscere come queste impattano sulle proprie scelte e comportamenti (cosa, quanto e come mangio?), identificare gli episodi di fame emotiva;
- Consapevolezza cognitiva: essere consapevoli dei propri obiettivi ed aspettative (per es: perdita di peso e vantaggi associati), dei propri valori (salute, accettazione sociale, stima di sé?), dei pensieri e atteggiamenti legati al cibo e delle proprie abitudini alimentari.
Gestione delle emozioni
Rappresenta la capacità di riconoscere l’impatto delle emozioni sulle proprie azioni, di utilizzarle come un segnale che ricorda ciò che è importante o ciò che realmente si desidera, perché questo possa orientare le proprie azioni e scelte in maniera autentica ed intenzionale.
Può servire per: accettare e dare legittimità ai propri vissuti emotivi (es. rabbia, delusione, ansia) evitando di ricorrere al cibo per sospendere sensazioni percepite come insostenibili (emotional eating, abbuffate). Non reagire in maniera automatica ma imparare a “stare” con ciò che si prova, imparando ad identificare le proprie emozioni, concedendosi del tempo e adottando soluzioni più sane affinché si riducano di intensità.
Gestione dello stress
Consiste nell’abilità di riconoscere i propri fattori di stress (cosa lo provoca?) ed il loro impatto a livello corporeo, emotivo e comportamentale. Significa individuare ed utilizzare strategie efficaci per modificare il proprio stato intervenendo sull’ambiente o su di sé per ripristinare una condizione di benessere emotivo (cosa aiuta a calmarmi? Cosa posso fare in questa situazione?).
Può servire per: riconoscere la condizione di stress, sentire come si esprime nel corpo e l’effetto che ha sul comportamento (es. mangiare per alleviare l’ansia o il nervosismo). Imparare a prevenire le circostanze potenzialmente a rischio (es. situazioni sociali? stanchezza a fine giornata?) e ricorrere a ciò che consente di ritrovare calma e rilassamento al di là del cibo (es. una doccia calda, una passeggiata, parlare con un amico). Può servire inoltre a modificare i pensieri che suscitano malessere (es. perfezionismo, sfiducia, senso di inadeguatezza) o a cambiare il proprio ambiente di vita (es. interrompere relazioni in cui si è giudicati).
Empatia
Rappresenta la capacità di comprendere gli altri, di riconoscere e condividere le emozioni che si provano, prestando ascolto con interesse autentico.
Può servire per: imparare a mettersi nei panni degli altri, comprendendo il loro vissuto emotivo senza farsene carico o esserne sopraffatti. È utile per riuscire a “stare” con il disagio e il malessere altrui senza cedere al bisogno immediato di placarlo o evitarlo (es. offrendo un dolce a un bambino per consolarlo). È il presupposto per costruire relazioni positive basate sull’accettazione delle differenze individuali.
Comunicazione efficace
È la capacità di esprimersi in maniera chiara, autentica e coerente al proprio stato d’animo, di comunicare le proprie opinioni, desideri, bisogni e di renderli comprensibili all’altro, di riconoscere i suoi segnali e verificare se abbia effettivamente inteso il messaggio.
Può essere utile per: esprimere le proprie opinioni e bisogni senza sentirsi giudicati, riconoscendo ad esempio di avere ancora fame, di non gradire un alimento, di aver intrapreso un programma nutrizionale con un professionista, di avere specifiche esigenze di cui tenere conto quando si è ospiti o si è al ristorante. Consente di esprimere l’eventuale bisogno di un consiglio o di un aiuto, permettendo così di attingere alle risorse del proprio ambiente familiare o sociale.
Relazioni efficaci
Si riferisce alla capacità di creare e mantenere relazioni significative, come anche di interrompere rapporti nocivi; di affermare sé stessi nel proprio ruolo in maniera assertiva ovvero senza prevaricare né sottomettersi rispetto all’altro.
Può servire per: costruire e mantenere relazioni sane e positive, nelle quali sentirsi riconosciuti ed accettati per ciò che si è, che non suscitino pressioni o aspettative (ideali estetici o di performance in ambito scolastico, lavorativo o sportivo) né sottopongano a giudizi che possano condizionare l’idea di sé (discriminazioni legate al peso e all’aspetto fisico).
Pensiero creativo
È la capacità di esplorare le alternative a disposizione, di individuare nuove soluzioni e idee in maniera flessibile e diversa dal solito.
Può servire per: esplorare modalità alternative di affrontare un problema o gestire un’emozione spiacevole, andando oltre le reazioni abituali che possono includere un ricorso automatico al cibo. Aiuta a lasciare libero spazio ai propri interessi e curiosità, riconoscendo e accettando la propria unicità senza soffrire il bisogno di adeguarsi a specifici canoni estetici o comportamentali. Stimola a credere nella possibilità di un cambiamento, allenando la capacità di immaginarsi in maniera diversa da come ci si rappresenta (es. pigro, indolente, inadeguato).
Pensiero critico
Rappresenta la capacità di analizzare informazioni o situazioni in modo oggettivo, di distinguere i fatti dai giudizi, di riconoscere i fattori che influenzano i propri pensieri e comportamenti.
Può servire per: riuscire a descrivere con obiettività le proprie abitudini alimentari (diario alimentare), a valutare la quantità e qualità delle porzioni, a riconoscere i criteri che si adottano nel fare la spesa (convenienza, preferenza di prodotti bio o light, abitudine, fame o gola). È utile per prendere coscienza delle proprie caratteristiche fisiche costituzionali. Consente di riconoscere l’impatto di pensieri, emozioni ed esperienze personali sulla costruzione dell’immagine di sé (stigma legato al peso), sapendo distinguere “ciò che si è” da “ciò che ci si sente”.
Prendere decisioni
Consiste nella capacità di elaborare delle scelte in maniera costruttiva ed intenzionale, valutando tra le diverse alternative possibili e tenendo conto delle rispettive conseguenze.
Può servire per: saper tenere conto dei propri desideri, bisogni, valori come delle proprie emozioni per elaborare scelte che siano vissute come intenzionali e coerenti. Permette di riconoscere i pensieri o le sensazioni che influenzano le proprie decisioni su, ad esempio, cosa cucinare per cena, cosa ordinare al ristorante, ma anche rispetto a quale capo di abbigliamento indossare. Aiuta ad affrontare le proprie scelte senza procrastinare o delegare a terzi.
Risolvere problemi
È la capacità di definire un problema, individuare le possibili soluzioni, valutarne l’adeguatezza in base al contesto ed ai diversi bisogni che esprime, saperle rendere operative, verificarne l’efficacia.
Può servire per: identificare un problema (es. difficoltà nel calo ponderale), valutare eventuali problemi sottesi che lo determinano e mantengono (es. difficoltà di aderenza al piano alimentare, scarsa motivazione o fiducia nelle proprie capacità, ambiente familiare o sociale giudicante), affrontare una difficoltà alla volta stabilendo un criterio d’ordine, individuare per ciascuna gli strumenti e le risorse a disposizione più adatte a gestirla.
Competenti non si nasce, ma si cresce
Promuovere queste abilità è certamente un obiettivo trasversale a diversi programmi educativi per l’età evolutiva come di percorsi di formazione per adulti. Accanto all’esistenza di iniziative così strutturate, l’OMS parla di life skills come competenze che è possibile, pertanto opportuno, allenare con costanza, attraverso le proprie esperienze di vita, le relazioni e il confronto interpersonale. La quotidianità offre infatti innumerevoli occasioni per riflettere su se stessi, ascoltarsi, osservare e interrogare il proprio comportamento con curiosità.
L’età adulta non regala incrollabili certezze, tuttavia induce al rischio di cristallizzare opinioni e atteggiamenti in un sommario “sono fatto così” o “ho sempre fatto così” che lascia poco spiraglio al cambiamento. Riaprire un margine di fiducia provando a mettersi in discussione può significare regalarsi scenari inaspettati di crescita. Forse questo può rappresentare una nuova forma della cura di sé: concedersi ancora una possibilità.
References
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- Preamble to the Constitution of WHO as adopted by the International Health Conference, New York, 19 June – 22 July 1946 (Official Records of WHO, no. 2, p. 100)
* La Dott.ssa Stefania Comai è psicologa dello sviluppo e dell’educazione con un Master in Psicobiologia della nutrizione e del comportamento alimentare (Università di Tor Vergata, Campus Bio-Medico di Roma). Ha conseguito una seconda laura specialistica in Filosofia morale e bioetica presso l’Università degli Studi di Bologna. Si è formata nell’ambito dell’intervento psicologico in diabetologia e in chirurgia bariatrica. Ha intrapreso la specializzazione in psicoterapia ad indirizzo Familiare Relazionale presso l’Istituto di Terapia Familiare di Bologna. Segue inoltre il percorso di promotore delle life skills presso l’Associazione Life Skills Italia. Esercita la libera professione a Bologna.
Per maggiori informazioni: https://www.stefaniacomai.com/