Alimentazione corretta, attività fisica, educazione, adesione alla terapia personalizzata: ecco i quattro pilastri per raggiungere l’equilibrio nella gestione day by day del diabete tipo 2.
Come sa bene chi ne soffre, il diabete tipo 2 (DT2) è un ‘compagno di vita’ che necessita di grande impegno e condiziona tutte le sfere funzionali della vita del paziente. Perché è importante in questo percorso definire nuovi equilibri come corrette abitudini alimentari, stili di vita sani, attività fisica e, quando necessario, una terapia farmacologica adeguata alle esigenze individuali?
STILE DI VITA SANO: la prima terapia per il DT2
Lo stile di vita sano, in particolare attività fisica, moderata e regolare, e alimentazione corretta, sono lo strumento terapeutico più efficace della terapia del diabete tipo 2. In alcuni casi, lo sono anche più dei farmaci, e talvolta già sufficienti a tenere sotto controllo la glicemia, anche senza terapia farmacologica.
Obiettivo: LA PROPRIA SALUTE!
Tuttavia, raggiungere questi obiettivi (e soprattutto mantenerli!) non è facile; per questo parliamo di un nuovo equilibrio, che in presenza di diabete è forse il più importante: mentre una persona senza diabete se mangia troppo o male – pur rompendo un equilibrio – al massimo ha un disturbo intestinale o si sente un pò disturbato, la persona con diabete ha un rialzo della glicemia (iperglicemia), con tutto ciò che ne consegue nel tempo.
È importante avere un rapporto con la propria malattia e una conoscenza di essa molto stretti; soprattutto imparare che non si tratta di vivere una vita da asceti, o di seguire una dieta restrittiva ma semplicemente cercare di vivere una vita normale, più sana, e con un valido motivo per farlo: mantenere la propria salute. Un diverso equilibrio che permetta non soltanto di ‘sentirsi bene’, ma anche di curarsi. Senza, tuttavia, chiedere a se stessi sacrifici improponibili, se non quello di voler vivere meglio e più a lungo.
Più ADERENZA ALLA TERAPIA, più salute per chi soffre di diabete
Nel caso sia necessario il trattamento con farmaci per il diabete, la non aderenza alla terapia programmata con il proprio medico è uno dei principali motivi per i quali il paziente non raggiunge i livelli di emoglobina glicata (HbA1c ≤ 7) consigliati per avere un buon compenso glicemico.
Quali sono le principali cause di scarsa o mancata aderenza terapeutica?
Sono tantissime. In generale, sono molti i pazienti con diverse patologie, oltre al diabete, che hanno una scarsa aderenza terapeutica; è un fenomeno assai frequente. In più, nelle malattie croniche è sempre difficile essere costanti nel prendere le medicine, soprattutto se bisogna farlo più volte al giorno (per fortuna da poco nel diabete abbiamo nuovi farmaci addirittura settimanali, come semaglutide).
Spesso a spaventare è la presa di coscienza che la terapia dovrà essere seguita per tutta la vita, occorre darsi del tempo per elaborarlo! Alcuni pazienti temono che assumere farmaci, cioè sostanze estranee al nostro corpo, possa far male al fegato o ad altri organi. Qualsiasi nuovo disturbo viene sempre considerato come effetto collaterale del farmaco per il diabete: allora, meglio sospendere… magari di propria iniziativa, senza consultare il medico!
Chi ha il diabete tipo 2 ha un maggior rischio di malattie cardiovascolari; per tenere sotto controllo tale rischio, talvolta occorre prendere ancora più medicine rispetto a quelle per il diabete. In più – purtroppo o per fortuna – il diabete tipo 2 è una malattia che spesso non dà sintomi (per molti il decorso è asintomatico), ma che comunque progredisce se non si tiene sotto controllo e una volta che si manifesta con dei sintomi può avere già causato una o più complicanze diabetiche. Prima la si tiene sotto controllo, e prima di rallenta la progressione della malattia, riducendo il rischio di complicanze.
Chi prende farmaci per la pressione e li sospende avrà, come minimo, cefalea. Chi prende farmaci per il cuore, se li sospende, avrà tachicardia o palpitazioni. Chi sospende la terapia per il diabete non si accorgerà di nulla, se non misurando la glicemia o facendo le analisi del sangue. Anzi, alcuni dei farmaci per il diabete più comuni (ad esempio la metformina) possono essere accompagnati in alcuni casi da effetti collaterali non gravi e temporanei ma ben noti, come nausea e diarrea. Generalmente in medicina il paziente ha un sintomo, va dal medico, fa delle analisi, inizia una terapia e si sente meglio. Questa sequenza nel diabete cambia completamente: una persona sta bene, fa le analisi, va dal medico, inizia una terapia e arrivano sintomi prima sconosciuti. Come si fa a rispettare la prescrizione? La motivazione arriva da una buona informazione, che favorisce l’adesione alla terapia.
Quanto incidono in questo senso l’informazione e la consapevolezza da parte dei pazienti sulle nuove opportunità terapeutiche?
Ai miei studenti mostro sempre una diapositiva dove la terapia del diabete è raffigurata come un tempio sorretto da quattro pilastri, di cui solo uno rappresentato dai farmaci. Altri due sono alimentazione corretta e attività fisica (non occorre essere atleti olimpionici!), mentre il quarto pilastro fondamentale è l’educazione, nel senso di conoscenza e corretta informazione, sulla propria malattia e la sua autogestione.
È noto e dimostrato che un paziente “educato”, è più competente, si controlla meglio, mantiene valori di “glicata” migliori ed è in grado se non di prevenire, certamente di rallentare le complicanze del diabete. Quindi, l’informazione e la conoscenza sono strumenti indispensabili e senza di loro, senza il quarto pilastro, il “tempio” della terapia del diabete crollerebbe.
Un piccolo test per mettere alla prova le conoscenze
Con i miei pazienti, uso piccoli espedienti per capire il loro livello di conoscenza sul diabete. Il più facile è chiedere qual è il loro valore di emoglobina glicata: non per conoscerne il valore (basterebbe guardare le analisi) ma per vedere come rispondono. Alcuni (pochi, purtroppo!) rispondono prontamente o addirittura tirano fuori grafici con i valori degli ultimi anni: studio, informazione e conoscenza.
Altri cominciano a sfogliare le analisi per vedere se l’hanno dosata, evidentemente non conoscendo quanto questo valore sia importante per la loro salute. Alcuni, infine, non sanno nemmeno cosa sia. In questi casi gran parte della visita si trasforma in una specie di “lezione privata” sull’importanza di questo parametro.
Forse sono influenzato dal fatto di essere un docente ma sono anche sicuro che stimolare la curiosità della persona con diabete, informarlo, in altre parole ‘educarlo’ è ben più efficace che cambiare una medicina. Anche per correggere informazioni raccolte spesso da fonti poco attendibili o influenzate da strani imbonitori, spesso desiderosi solo di vendere cure e rimedi inefficaci e, talvolta, dannosi!!