A cura di Fabio Braga, imprenditore con diabete tipo 1, #pedalidizucchero #amataglice
L’attività fisica e lo sport in generale hanno ormai trovato una precisa costante collocazione nella mia vita e in quella dei soggetti con diabete.
Oltre che socio-culturale, la motivazione che induce i soggetti insulinodipendenti a impegnarsi nello sport è anche psicologica. L’attività motoria, infatti, aumenta il senso di benessere e di sicurezza, riduce i livelli di ansia e di depressione, accresce la fiducia in sé stessi, migliora l’autostima e soprattutto la sensazione di poter convivere con il diabete senza limitarsi nel movimento.
L’attività motoria e lo sport agonistico, con lo stress fisico e psichico che inevitabilmente comportano, richiedono maggiori adattamenti della terapia ipoglicemizzante, della dieta e quindi stimolano nei diabetici motivati la capacità di autocontrollo glicemico, con la conseguente capacità di autogestione della malattia.
La costanza meglio insegnarla da piccoli
Nonostante quasi tutti ormai sappiamo che l’attività fisica è salutare per il nostro organismo, oltre il 60% degli adulti è praticamente sedentario. Inoltre, anche se molte persone hanno cominciato con entusiasmo programma di allenamento, la maggior parte di esse non riesce a portarli avanti e perde motivazione lungo il percorso.
Negli anni più recenti, la ricerca scientifica si è concentrata anche su quali potrebbero essere gli incentivi psicologici che potrebbero consentire di sostenere questi iniziali sprazzi di buona volontà per stimolare la motivazione in termini soprattutto di prevenzione delle malattie croniche che affliggono oggi la nostra società. Particolarmente promettenti sembrano essere i programmi di educazione alla salute all’interno della scuola. Al contrario di quanto si pensi, oltre la metà dei ragazzi tra i 12 e i 21 anni non svolge un’attività fisica sufficientemente intensa da generare benefici duraturi sull’organismo. Inoltre, se è vero che i più piccoli sono attivi per loro stessa natura, crescendo spesso tendono a diventare sedentari.
L’educazione fisica scolastica non dovrebbe quindi limitarsi alla pura pratica di esercizi di ginnastica o alla conoscenza dei giochi di squadra ma dovrebbe fornire le basi teoriche per una buona consapevolezza delle corrette abitudini di vita. E dove non arrivasse la scuola, la famiglia rimane un ambito importante dove poter coltivare tali buone abitudini perché si sa che se imparate da piccoli è più difficile perderle più avanti nella vita.