Diversi studi hanno dimostrato che un’alimentazione ricca di fibre è in grado di offrire una protezione efficace contro l’insorgenza del diabete di tipo 2, tuttavia resta ancora sconosciuto il meccanismo biologico che rende possibile questa protezione.
Lo studio condotto dai ricercatori dello University College di Londra, nel Regno Unito, ha esaminato i dati relativi a 7735 uomini che nel periodo 1978-1980, quando avevano un’età compresa tra i 40 e i 59 anni, erano entrati a far parte del British Regional Heart Study. Gli esperti si sono quindi concentrati su 3428 soggetti non diabetici ce sono stati sottoposti alla visita di controllo 20 anni dopo l’inizio dello studio, nel 1998-2000, ovvero quando avevano tra i 60 e i 79 anni.
Le abitudini alimentari di questo gruppo di individui non diabetici sono state registrate utilizzando un questionario dettagliato che permetteva di indicare la frequenza settimanale di assunzione dei diversi alimenti.
Dopo un ulteriore periodo di osservazione di 7 anni i ricercatori hanno trovato che consumare poche fibre (ovvero una quantità pari o inferiore a 20 grammi al giorno) aumentava del 47% il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 rispetto a coloro che consumavano una quantità maggiore di alimenti contenenti fibre.
Questa associazione è rimasta valida anche dopo gli aggiustamenti per calorie assunte e altri potenziali fattori di distorsione, ma è emersa una relazione inversa tra la quantità di fibre assunte e vari marker infiammatori, attivatori del plasminogeno e gamma glutamil transferasi, e l’aggiustamento con questi fattori abbassava del 28% il rischio di sviluppare il diabete.
Lo studio è stato condotto principalmente su una popolazione di soggetti europei bianchi e di sesso maschile; dovrà perciò essere estesa a uomini di altre etnie e alle donne per estendere la validità di questi risultati.
Nel frattempo tuttavia resta confermato il ruolo positivo delle fibre nella protezione dal rischio di diventare diabetici, e questo sembra in parte spiegato dall’associazione esistente con la funzione epatica e con i processi infiammatori.
Fonte: Diabetes Care, 13 ottobre 2009, 32: 1823–1825