Un nuovo biosensore per la diagnosi di diabete: rileva l’albumina glicata

Un nuovo biosensore per la diagnosi di diabete: rileva l’albumina glicata

Con la consulenza della d.ssa Annalisa Convertino, ricercatrice dell’Istituto per la Microelettronica e i Microsistemi (IMM) del CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma

In alcune persone affette da anemie, insufficienza renale o patologie legate alla sintesi dell’emoglobina nel sangue (emoglobinopatie), la diagnosi del diabete mellito mediante la tradizionale tecnica del prelievo di gocce di sangue può rappresentare un problema.
Nasce così, dall’esigenza di implementare nuovi strumenti diagnostici da impiegare in tutti quei casi in cui non sia possibile misurare la tradizionale emoglobina glicata (HbA1c), l’innovativo biosensore per identificare un nuovo indicatore della glicemia, l’albumina glicata (Ag). Il device è messo a punto da ricercatori dell’Istituto per la microelettronica e i microsistemi (Imm) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Roma, in collaborazione con colleghi del Department of Mechanical Engineering della Johns Hopkins University (Baltimora, USA).

I risultati della ricerca aprono la strada a una metodologia diagnostica del diabete mellito rapida, predittiva e utilizzabile in tutti quei casi per i quali non è possibile applicare la diagnostica tradizionale.

L’importante risultato è stato pubblicato sulla rivista Advanced Healthcare Materials: tale sensore, caratterizzato da elevata sensibilità e selettività, permette l’identificazione di un nuovo indicatore della glicemia, l’albumina glicata (Ag), sfruttando le potenzialità di una matrice disordinata di nanofili di silicio rivestiti di argento.

“L’applicazione biomedica dei nanomateriali in ambito diagnostico è una delle più grandi novità scientifiche degli ultimi anni: grazie all’intrinseca capacità di interagire su scala nanometrica con sistemi biologici – quali ad esempio virus, batteri, cellule, proteine e DNA – i nanomateriali sono capaci di “catturare” e tradurre informazioni chimico-fisiche non rilevabili attraverso una diagnostica tradizionale”, spiega Annalisa Convertino (Cnr-Imm), tra i firmatari dello studio. “Se utilizzati come sensori, hanno le potenzialità di individuare nei fluidi biologici la presenza di molecole marcatrici o frammenti di DNA in concentrazioni molari molto basse, favorendo così l’elaborazione di nuove metodologie per una diagnosi precoce delle malattie e per l’individuazione e la valutazione di terapie farmacologiche personalizzate”.

Negli ultimi anni l’albumina glicata (Ag) è emersa come un valido indicatore glicemico alternativo estremamente utile non solo in presenza di patologie ematologiche, ma anche nell’analisi e nel controllo dei cambiamenti rapidi della glicemia, ad esempio dopo l’inizio o la modifica di una terapia.

“Il biosensore sfrutta la sinergia tra la ridotta dimensionalità dei nanofili e la loro disposizione disordinata. In questo modo infatti, da un lato le biomolecole di albumina glicata contenute in un campione biologico sono efficacemente intrappolate nella matrice di nanofili, dall’altro si aumenta l’interazione del campo elettromagnetico presente tra le nanostrutture e le biomolecole, amplificando così la risposta del biosensore”, aggiunge la ricercatrice.

Il team che ha sviluppato il biosensore è formato, oltre che da Annalisa Convertino, da Valentina Mussi e Luca Maiolo per Cnr-Imm, e da Ishan Barman e Debadrita Paria per la Johns Hopkins University.

Il lavoro è stato supportato, per la parte italiana, dal progetto congiunto “Scalable nano-plasmonic platform for differentiation and drug response monitoring of organ-tropic metastatic cancer cells” (US19GR07) finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e dalla collaborazione internazionale (Maeci) nell’ambito de Programma di cooperazione scientifica e tecnologica Italia-Usa 2019-2021.

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