Gli uomini con diabete di tipo 2 che presentano alti livelli di ferritina mostrano una minor prevalenza di macroangiopatia nonostante abbiano una più severa resistenza all’insulina e più alti livelli dei marker della steatoepatite rispetto ai pazienti con concentrazioni di ferritina inferiori.
Lo sostengono i ricercatori dell’Université catholique de Louvain, a Bruxelles, i quali hanno condotto un’indagine per capire meglio la relazione esistente tra il livello della ferritina e il rischio di malattie cardiovascolari (CVD). Sia l’insulino-resistenza che la steatosi del fegato sono legati al livello della ferritina e potrebbero quindi essere dei validi indicatori per la valutazione del rischio di malattie cardiovascolari.
Alla ricerca hanno preso parte un gruppo di 424 uomini diabetici in cui è stato misurato sia il livello di ferritina che la prevalenza di macroangiopatie.
Gli studiosi hanno suddiviso il gruppo di ricerca in tre sottogruppi a seconda della concentrazione di ferritina rilevata: 318 facevano parte del gruppo con una normale concentrazione di ferritina (in media 133 ng/ml) mentre 106 facevano parte di quello con alti livelli di ferritina (in media 480 ng/ml). Inaspettatamente i ricercatori hanno notato che gli uomini con una ferritina più elevata erano significativamente meno propensi a incorrere in macroangiopatie rispetto a coloro con ferritina nella norma (25% contro 43% di propensione).
Queste osservazioni potrebbero suggerire lo studio prospettico a lungo termine sulla perdita della funzione delle beta-cellule pancreatiche e l’incidenza di malattie dell’arteria coronarica e periferica e dell’attacco ischemico transitorio o ictus per comprendere il ruolo della ferritina.
Fonte: 2 febbraio 2010, Diabetic Medicine, Advance Online Publication