Attività fisica: un pilastro fondamentale per la terapia del diabete tipo 2

Attività fisica: un pilastro fondamentale per la terapia del diabete tipo 2

La gestione del diabete di tipo 2 (DT2) si basa su obiettivi chiari: ottenere e mantenere un controllo glicemico e metabolico ottimale, prevenendo o ritardando lo sviluppo delle complicanze croniche. In questo contesto, attività fisica ed esercizio fisico rivestono un ruolo centrale. Non solo contribuiscono a raggiungere gli obiettivi terapeutici, ma migliorano significativamente la qualità della vita delle persone con diabete di tipo 2. Studi recenti sottolineano i benefici aggiuntivi derivanti dall’utilizzo dell’esercizio fisico come trattamento complementare per questa popolazione.
Le principali linee guida nazionali e internazionali raccomandano l’esercizio fisico come parte della terapia del diabete di tipo 2. Diversi studi epidemiologici hanno infatti mostrato effetti favorevoli dell’esercizio fisico su vari parametri nelle persone con diabete di tipo 2, compresa la riduzione della HbA1c.

Un approccio personalizzato è essenziale: i programmi di attività fisica devono essere adattati alle esigenze individuali, in modo analogo alla dieta e alla terapia farmacologica. La supervisione di esperti qualificati, come indicato dalle principali linee guida diabetologiche garantisce risultati migliori, in particolare per pazienti fragili, sedentari o con complicanze croniche.

Un aspetto cruciale riguarda la determinazione della dose terapeutica di esercizio ottimale: tipo, volume e intensità dell’attività fisica devono essere calibrati per massimizzare i benefici sulla salute. La prescrizione corretta dell’esercizio fisico rappresenta quindi un elemento strategico nella gestione del diabete di tipo 2.

Attività fisica: che cosa s’intende?

L’attività fisica può essere definita un “qualsiasi sforzo esercitato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduce in un consumo di energia superiore a quello in condizioni di riposo”. Tale definizione è sicuramente molto vaga e non risponde ad uno dei principali quesiti quando si affronta tale argomento, ovvero quale tipo, quale entità e durata e quanto frequentemente vada praticata per ottenere e mantenere uno stato di salute migliore possibile. Ancora più complesso è l’inserimento dell’attività fisica nella routine della vita quotidiana. Gli effetti benefici a lungo termine dell’attività fisica nei soggetti sani, così come in quelli affetti da patologie croniche come il diabete mellito e l’obesità, è da tempo nota. Per quanto riguarda gli effetti specifici sul compenso glicemico, è stata osservata una significativa riduzione della glicemia dopo una sola seduta di esercizio; inoltre, esistono numerose evidenze che, nel diabete di tipo 2, l’attività fisica moderata e regolare (non occorre essere campioni olimpionici!) determina una riduzione dell’emoglobina glicata (HbA1c) in misura ancora maggiore dei farmaci ipoglicemizzanti.

Attività fisica e dieta: primi strumenti per il trattamento del DT2

È molto interessante, a tale proposito, sottolineare come, a livello di società diabetologiche nazionali ed internazionali,  vi sia una decisa inversione di tendenza rispetto nei confronti della centralità dell’attività fisica per la cura del diabete mellito di tipo 2. Tutte le più recenti raccomandazioni congiunte ADA/EASD e anche della SID, Società Italiana di Diabetologi riportano l’attività fisica al primo step della terapia del diabete mellito di tipo 2, qualora le condizioni cliniche non richiedano un immediato trattamento farmacologico; infatti, nei pazienti che abbiano al momento della diagnosi valori di HbA1c vicini ai target proposti (ad es., HbA1c circa uguale a 7.5%) e che mostrino il desiderio e la capacità di modificare il loro stile di vita (dieta e movimento), dovrebbe essere tentata inizialmente la sola terapia non farmacologica per circa 3-6 mesi, e, solo in caso di fallimento, aggiungere uno o più farmaci, in  base alle necessità (solitamente la metformina).

La centralità degli interventi non farmacologici e in particolare dell’attività fisica risulta molto evidente in quanto con l’esercizio fisico si tende a normalizzare tutte quelle alterazioni, solitamente identificate con il nome di “sindrome metabolica”, che  spesso caratterizzano il diabete mellito di tipo 2. Infatti, una regolare attività fisica riesce nel tempo a ridurre non solo i livelli di emoglobina glicata (HbA1c), ma determina anche un miglioramento significativo dell’assetto dei grassi nel sangue (in senso anti-aterogeno), del peso corporeo, della pressione arteriosa, dell’equilibrio fra fattori pro-infiammatori e anti-infiammatori etc.  Queste proprietà “anti-diabete” dell’attività fisica, fanno sì che le principali linee guida per la gestione del diabete di tipo 2 raccomandino da anni interventi educativi strutturati (preferibilmente di gruppo) che motivino e rafforzino nei pazienti la convinzione che gli interventi volti a modificare lo stile di vita siano l’arma principale per raggiungere e mantenere un buon controllo glico-metabolico e per prevenire le complicanze croniche del diabete. Tale sforzo educativo dovrebbe accompagnare il paziente affetto da diabete lungo tutta la sua vita;  vi sono anche evidenze che mostrano una maggiore efficacia di tali interventi se effettuati precocemente nella storia naturale della malattia, anche in pazienti in età avanzata. Nei pazienti anziani, infatti, come  in quelli con ridotta mobilità fisica per un elevato grado di comorbilità, qualsiasi minimo incremento della spesa energetica ottenuto con esercizi fisici di entità tale da non gravare troppo sul sistema cardiovascolare si traduce in vantaggi sia sul piano metabolico che su quello funzionale.

Va sempre tenuto a mente che “sebbene sia vero che un cambiamento minore di quello raccomandato porti a una minima riduzione del rischio, ogni cambiamento porta comunque beneficio”.

Non è necessario essere campioni olimpionici per avere benefici

Se da una parte rimangono, quindi, pochi dubbi sugli effetti benefici dell’attività fisica in generale, e in maniera ancor maggiore nei soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2, dall’altra non sembra essere così semplice stabilire una soglia oltre la quale l’attività fisica possa realisticamente esercitare un qualche effetto benefico. A questo proposito esistono numerose evidenze che mostrano, ormai da tempo, che nella popolazione generale esiste, tra “quantità” di salute  ed esercizio fisico, una relazione “dose-risposta” di tipo esponenziale, come se quest’ultimo fosse a tutti gli effetti un agente farmacologico . In questo senso stabilire un valore soglia è praticamente impossibile, anche se non dobbiamo dimenticare come il paziente con diabete di tipo 2 può, più frequentemente rispetto alla popolazione generale di pari età e sesso, presentare un rischio maggiore di eventi cardiovascolari incidenti e pertanto, al momento di “prescrivere” una qualsiasi forma di attività fisica, noi medici dovremmo farci guidare dal buon senso e ricordare ai nostri pazienti che

 “…..non è necessario che l’attività fisica sia strenua perché possa essere benefica”, è sufficiente un’attività moderata ma costante.

A tale proposito, si possono citare le recenti raccomandazioni congiunte ADA/EASD che raccomandano, per “il mantenimento di un peso corporeo ottimale e per ridurre il rischio di malattia cardiovascolare, almeno 150 minuti/settimana di attività fisica aerobica di intensità moderata (50‑70% della frequenza cardiaca massima) e/o almeno 90 minuti/settimana di esercizio fisico intenso (> 70% della frequenza cardiaca massima). L’attività fisica deve essere distribuita in almeno 3 giorni/settimana e non ci devono essere più di 2 giorni consecutivi senza attività. (Livello della prova I, Forza della raccomandazione A)” .

L’attività aerobica consiste in un esercizio fisico che a livello muscolare si svolge in presenza di ossigeno. Durante un’attività aerobica il battito cardiaco e la velocità della respirazione, aumentano progressivamente insieme all’aumentare dello sforzo stesso. In questo tipo di allenamento, ideale per migliorare la salute cardiorespiratoria, per acquistare resistenza fisica e bruciare calorie, rientrano attività come: camminare, correre, nuotare, pattinare, andare in bicicletta e la ginnastica aerobica.

Quale tipo di attività fisica proporre ai pazienti con diabete tipo 2?

Questo rappresenta un altro punto molto dibattuto e affatto irrilevante. Nei pazienti con diabete tipo 2, l’esercizio fisico contro resistenza (attività anaerobica) ha dimostrato essere efficace nel migliorare il controllo glicemico, così come la combinazione di attività aerobica e contro resistenza. La scelta di questo tipo di attività fisica, rispetto ad altre, dipende dal fatto che esistono ormai da tempo numerose evidenze che mostrano la superiorità dell’attività fisica aerobia di moderata intensità eseguita regolarmente, nel migliorare significativamente il compenso glico-metabolico, incluso l’assetto lipidico, mentre per osservare degli effetti benefici sul peso corporeo sono necessari periodi di osservazione più lunghi.

Per ottenere una riduzione dei livelli di HbA1c con questo tipo di attività fisica, non è necessario che quest’ultima sia effettuata con programmi intensivi di allenamento come mostrato da una meta-analisi di sette trial che includeva pazienti diabetici di tipo 2 che svolgevano una attività di circa 45 minuti, in media 3 volte a settimana e con una intensità di circa il 50% della VO2 max (potenza aerobica ovvero il massimo volume di ossigeno consumato per minuto).

L’attività fisica contro resistenza (anaerobica) non è invece stata studiata altrettanto accuratamente e solo negli ultimi anni è stata riconosciuta come potenzialmente benefica per i pazienti con diabete di tipo 2 per ridurre il rischio cardiovascolare inducendo sostanzialmente un miglioramento di:

  • emoglobina glicata (HbA1c);
  • peso corporeo (in maniera minore rispetto all’attività aerobica);
  • livelli di colesterolemia LDL e della pressione arteriosa,

così come per migliorare i livelli di insulino-resistenza.

Il miglioramento del compenso glicemico con questo tipo di attività sembra essere sostanzialmente dovuto all’aumento della massa muscolare con conseguente aumento dell’uptake di glucosio e miglioramento dell’insulino-sensibilità.  Negli ultimi anni è emerso con crescente forza come la combinazione di esercizi aerobici con esercizi contro resistenza (anaerobici) possano avere un effetto sinergico nel migliorare il compenso glicometabolico e pertanto le principali società sono tutte concordi a raccomandare questo tipo di attività fisica mista.

Durata degli studi e aderenza del paziente con diabete tipo 2

La maggior parte degli studi passati in rassegna fino ad ora hanno una durata di osservazione tra 8 e 30 settimane – un periodo di tempo limitato per una patologia cronica come il diabete mellito. Ciò dipende verosimilmente dalla difficoltà a motivare i pazienti a seguire programmi di allenamento di media-lunga durata, che rende difficile l’esecuzione di studi a lungo termine sull’effetto dell’esercizio fisico. Alla luce di quanto detto, la raccomandazione delle società SID/AMD, così come di altre, ovvero che i pazienti con diabete tipo 2 devono essere incoraggiati a eseguire attività fisica aerobica e contro resistenza (anaerobica) secondo un programma definito con il diabetologo per tutti i maggiori gruppi muscolari, 3 volte/settimana, pur trovando unanimi consensi, fa sorgere spontanea una domanda:

come poter convincere i soggetti con diabete a effettuare attività fisica in maniera regolare? La “prescrizione”, infatti, generica a eseguire regolare attività fisica è dimostrato non ottenere alcun effetto benefico in termini di riduzione della HbA1c .

Alcuni consigli per migliorare l’aderenza all’attività fisica

Vi sono studi che mostrano alcuni stratagemmi per implementare l’aderenza del paziente e per superare alcune delle numerose barriere socio-economico-culturali a effettuare attività fisica regolarmente nel tempo; come ad esempio:

  • formare dei gruppi di pazienti seguiti da un trainer (o dallo stesso diabetologo) ed organizzare delle sedute di allenamento comuni.

Qualunque sia la strategia studiata e applicata, questa deve forzatamente basarsi sulla piacevolezza dello svolgere una qualsivoglia attività fisica, sull’aspetto ludico e sulla ricerca di una personale prestazione (ad esempio arrivare a correre una maratona, o più semplicemente a fare lo stesso percorso abituale in un tempo minore).

Per le persone più anziane o con patologie associate, l’impostazione fondamentale non cambia; la ricerca della prestazione, ad esempio, può essere sostituita con il raggiungimento di obiettivi più “funzionali”, quali ad esempio il riuscire a salire una rampa di scale senza avere dispnea o effettuare un percorso a piedi senza fermarsi troppe volte, etc.).

Conclusioni

Nonostante i numerosi e documentati benefici dell’attività fisica, costante e moderata, come trattamento terapeutico per i pazienti con diabete di tipo 2, l’applicazione pratica di queste raccomandazioni risulta ancora complessa. La maggior parte dei pazienti rimangono sostanzialmente sedentari. Le principali barriere alla sua pratica efficace includono:

  • la scarsa compliance dei pazienti;
  • la limitata conoscenza del ruolo dell’attività fisica da parte di diabetologi e professionisti dell’esercizio;
  • la carenza di strutture adeguate;
  • motivazioni socio-economiche.

Questi fattori ostacolano l’attuazione delle raccomandazioni formulate delle principali linee guida, sia italiane che internazionali.

Per integrare efficacemente l’esercizio fisico nella gestione del diabete tipo 2, è fondamentale comprendere come la fisiologia dell’esercizio interagisca con la fisiopatologia del diabete e i trattamenti farmacologici. Tuttavia, la prescrizione dell’esercizio fisico non è ancora parte integrante della formazione del medico di base o del diabetologo, portando spesso a raccomandazioni generiche sull’attività fisica, invece di piani specifici con indicazioni dettagliate su tipo, intensità, frequenza e durata.

La scarsa sensibilità del sistema nei confronti degli approcci non farmacologici in generale, e dell’attività fisica in particolare, si traduce in una organizzazione dei servizi e delle strutture incentrata sulla terapia farmacologica. Ad esempio, il riconoscimento (anche economico) per le sedute educativo/motivazionali per l’attività fisica è modesto e tale da disincentivare questa attività da parte delle strutture; inoltre, la disponibilità di spazi ed attrezzature idonee (ad esempio, palestre) è ancora sporadica nelle strutture pubbliche. Una maggiore sensibilizzazione dell’intero sistema, attraverso la diffusione delle evidenze disponibili sui benefici dell’attività fisica, è fortemente auspicabile.

Un cambiamento di paradigma, che porti l’esercizio fisico al centro della terapia del diabete di tipo 2, è essenziale per il miglioramento della prognosi a lungo termine della malattia.

Un approccio personalizzato alla prescrizione dell’esercizio dovrebbe tener conto delle abitudini individuali, delle preferenze, della motivazione e della tolleranza allo sforzo di ciascun paziente con diabete. I risultati più significativi e duraturi si ottengono attraverso interventi di counseling strutturato da parte del medico e/o sessioni supervisionate da professionisti qualificati. Questo approccio integrato rappresenta un passo cruciale per superare le attuali barriere e migliorare l’efficacia dell’esercizio fisico come strumento terapeutico per il diabete di tipo 2.

Dal 13 settembre 2024, l’accesso allo sport è diventato un diritto sancito dalla nostra Costituzione (Art. 33).

Dopo l’approvazione della Camera dell’autunno 2023, il 31 luglio 2024  anche la Commissione Sanità del Senato ha sottoscritto all’unanimità il Disegno di legge a firma della Senatrice Sbrollini su “Disposizioni recanti interventi finalizzati all’introduzione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Servizio sanitario nazionale”. L’obiettivo del Ddl è quello di promuovere l’esercizio fisico e permettere alle famiglie di usufruire delle detrazioni fiscali, recuperando attraverso il 730 parte dell’investimento. Il Ddl punta a rendere l’esercizio fisico prescrivibile su ricetta medica proprio come un farmaco da parte del medico di medicina generale, pediatra di libera scelta e specialisti. La speranza è che le persone siano incentivate a impegnarsi di più in attività positive per la propria salute. Si avvia un iter legislativo che potrebbe essere rivoluzionario (Vai all’articolo: Lo sport come medicina: un patto per la salute e il benessere dei cittadini).

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