Le nuove scoperte nel campo della biologia molecolare portano a una maggiore comprensione delle complesse interazioni tra l’essere umano, l’ambiente esterno e tra il cibo e i meccanismi genetico-molecolari post-prandiali. Queste scoperte portano la Scienza dell’alimentazione verso nuove frontiere: la nutrigenetica, la nutrigenomica e la nutrizione molecolare. Un’alimentazione in cui al centro non ci siano più solo le calorie ma le molecole e il loro destino metabolico, ormonale, epigenetico all’interno del corpo umano. Un futuro che è già realtà grazie alle tante evidenze su come la qualità dei singoli alimenti, cioè la loro composizione in nutrienti e molecole, condizioni il profilo metabolico, ormonale, epigenetico dell’organismo umano a ogni età. Sul lungo periodo le molecole, le loro conseguenze all’interno del corpo e gli adattamenti indotti nell’organismo rappresentano uno dei fattori principali di salute o malattia.
Inoltre, sono sempre le molecole a influenzare il microbiota intestinale, l’insieme dei batteri intestinali, dal cui equilibrio dipende il mantenimento della salute oppure l’evolversi di tante patologie tra le quali il diabete tipo 2, l’obesità, le patologie cardiovascolari.
Occorre imparare qualche definizione prima di addentrarsi in un argomento così complesso
La Nutrigenetica è la scienza che studia come la variazione genetica individuale influenza la risposta di un soggetto a particolari nutrienti o tossine alimentari. Detto in altri termini è lo studio di come e perché lo stesso nutriente o mix nutrizionale in due individui diversi possa dare risposte diverse. La risposta diversa viene giustificata dal fatto che gli individui possono avere varianti diverse di uno stesso gene, chiamati polimorfismi genetici, che determinano una suscettibilità individuale ai nutrienti.
Un esempio di effetto nutrigenetico: l’enzima Metilen-Tetraidrofolato-Reduttasi (MTHFR) regola i livelli di acido folico dai quali dipende anche la concentrazione di omocisteina, un aminoacido solforato. Quando i livelli di omocisteina salgono troppo aumenta il rischio di patologia cardiovascolare. Esiste un polimorfismo genetico sul gene dell’enzima MTHFR, conosciuto come rs1801133, che può dare origine a un enzima la cui attività è ridotta del 35%-70% a seconda della variante con l’effetto di abbassare la quantità di acido folico e aumentare la concentrazione di omocisteina, predisponendo il portatore di tale variante genetica ad un rischio cardiovascolare più alto. L’effetto negativo può essere “corretto” aumentando l’introito di acido folico alimentare o in alcuni casi con un’integrazione di acido folico costante e duratura nel tempo.
La Nutrigenomica è la scienza che studia come le molecole che introduciamo con la dieta influenzano i nostri geni e di conseguenza la nostra salute, sia in senso positivo che negativo.
Un esempio di effetto nutrigenomico: gli acidi grassi che assumiamo con gli alimenti modulano l’espressione di certi geni, ossia ne causano l’accensione o lo spegnimento. Un eccesso di grassi saturi (SFA) accende e aumenta l’espressione di geni pro-infiammatori e contestualmente riduce l’attività di geni che codificano per sostanze anti-infiammatorie come l’adiponectina. Questa condizione se protratta per lunghi periodi, anche cronicamente, è negativa per la salute dell’organismo.
I grassi monoinsaturi (MUFA) invece modificano l’espressione dei geni verso un profilo anti-infiammatorio e pro-salute, il gene dell’adiponectina viene marcatamente acceso e questa sostanza abbassa l’insulinoresistenza muscolare, promuove la formazione di insulina del fegato oltre ad essere anti-infiammatoria.
La Nutrigenomica e la Nutrigenetica hanno aperto uno squarcio nel vecchio modo di concepire la corretta alimentazione e la dieta. Il cibo che introduciamo con la dieta ha degli effetti metabolici, ormonali e sul DNA che dipendono dalle specifiche molecole introdotte e dalla capacità individuale di utilizzarle e metabolizzarle. Si va oltre il solo e semplice calcolo delle calorie introdotte e della ripartizione percentuale in macronutrienti, ossia carboidrati, proteine e grassi.
La Nutrizione Molecolare si focalizza sui punti cardine della Nutrigenomica studiando come sia possibile con l’alimentazione controllare le risposte metaboliche, ormonali e come intervenire sul DNA, regolando in modo positivo o negativo alcuni geni. I principali modulatori metabolici post-prandiali sono la glicemia (livello di glucosio nel sangue), la lipemia (livelli di lipidi nel sangue) e l’insulinemia (livello di insulina nel sangue) che sono in grado di modificare e modulare i processi biochimici e sul lungo periodo influenzare lo stato di salute. Una dieta elaborata per controllare questi modulatori metabolici tiene conto solo marginalmente delle calorie introdotte perché il solo controllo dell’energia in entrata è riduttivo e parziale. Sul lungo periodo, il migliore controllo quotidiano di questi parametri – che si ottiene mangiando in modo tale da introdurre un mix di molecole più corretto – permette di prevenire alcune malattie come obesità, diabete di tipo 2, sindrome metabolica, tumori.
Le nuove evidenze mostrano che tale prevenzione passa anche dal mantenere un microbiota sano e in equilibrio. Sostanze come i polifenoli, inulina, tannini, la fibra in genere oppure gli acidi omega-3 sono di grande aiuto per mantenere in condizioni corrette il microbiota (una volta chiamata “flora intestinale”). Un’alimentazione poco varia o che predilige prodotti raffinati, industrializzati e pronti all’uso è meno ricca di certe sostanze che troviamo in quantità maggiori nei prodotti integrali, nella frutta, nella verdure e negli alimenti naturali in genere. Facendo prevalere sempre la regola di variare molto i cibi in modo tale da apportare tutti gli elementi con i giusti equilibri, senza eccessi e senza carenze, perché sembra sempre più evidente che l’equilibrio fa la differenza e non basta eccedere di uno o pochi alimenti che si ritengono salutari.
Le principali sfide del futuro
In un contesto dove le molecole e i loro effetti secondo la variabilità individuale sono più importanti di quanta energia assumere e come ripartirla, occorre tener presente anche della natura e dell’origine degli alimenti nonché delle sostanze che ad essi vengono aggiunti come additivi. Il cibo del futuro non dovrà essere reso artificialmente più appetibile ma dovrà essere più controllato, più sano, con un maggior potere saziante e una riscoperta delle sue vere percezioni sensoriali rese oggi artefatte dagli additivi chimici.
Non siamo ancora in grado di personalizzare completamente l’alimentazione in base alle caratteristiche genetiche e fisio-patologiche di una persona e non siamo ancora in grado di “curarla” in maniera personalizzata ma abbiamo gli strumenti, vecchi e nuovi, per elaborare piani alimentari che tengano sotto controllo i più importanti modulatori post-prandiali e che, rispetto al passato, meglio si addicono al singolo individuo per un riequilibro metabolico e un miglior controllo della sua condizione fisio-patologica o per una migliore prevenzione.
La sfida più difficile sarà trasformare la complessità del problema e dell’alimentazione personalizzata in consigli utili per la popolazione in modo tale da spostare sempre più persone verso una sana alimentazione. Per il momento le linee guida italiane rappresentano un punto fermo per presente e futuro da cui non è possibile prescindere.
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