Lipotossicità: il Position Paper della Società Italiana di Diabetologia

Lipotossicità: il Position Paper della Società Italiana di Diabetologia

Nell’immaginario collettivo, mangiare troppi dolci e consumare troppo zucchero fanno venire il diabete tipo 2 (DT2). Gli eccessi fanno sempre male e una riduzione dello zucchero è sempre salutare ma le cose non stanno proprio così. Un altro importante fattore di rischio per lo sviluppo del DT2 è il consumo eccessivo di grassi con l’alimentazione abituale. Non a caso, obesità e diabete tipo 2, procedono spesso associate e la loro diffusione non accenna – purtroppo – a frenare la corsa.

Secondo dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il numero di persone con diabete tipo 2 nel mondo è passato dai 108 milioni del 1980, ai 422 milioni del 2014. Sul fronte del sovrappeso/obesità, spesso associati alle persone con diabete (diabesità) gli ultimi censimenti parlano di 2,2 miliardi di persone nel mondo con tanti chili di troppo. Ma a destare preoccupazione sono soprattutto le nuove generazioni. Un recente studio dell’Imperial College di Londra e dell’OMS (Lancet, 2017) ha evidenziato che nelle ultime quattro decadi il numero di bambini e adolescenti (fino a 19 anni) obesi è aumentato di ben 10 volte (dagli 11 milioni del 1975, ai 124 milioni del 2016). L’Italia ha il primato di obesità infantile tra i Paesi Europei: si stima che almeno il 26 per cento dei maschi sono sovrappeso o obesi tra i quindicenni, ben oltre la media UE; tassi di sovrappeso e obesità infantile particolarmente elevati si osservano nel meridione, in particolare in Calabria, Campania e Molise, con più del 40 per cento rispetto ai coetanei europei.

I grassi di cattiva qualità sono tra i principali imputati

Il tema spinoso “grassi alimentari” è così importante che la Società Italiana di Diabetologia (SID) ha deciso di redigere un Position Paper dedicato, che raccoglie lo stato dell’arte delle ricerche condotte a livello mondiale sull’argomento.

Perché mangiare troppi grassi saturi può portare al diabete?

Un consumo abituale di elevati livelli di acidi grassi saturi (SFA) provoca disfunzione e morte delle cellule beta del pancreas, quelle che producono insulina, e questo può favorire la comparsa del diabete tipo 2.
Gli acidi grassi saturi sono presenti soprattutto negli alimenti di derivazione animale (carni, uova, burro, strutto). Fa eccezione il palmitato, componente principale dell’olio di palma che, pur essendo un grasso vegetale, è di fatto un grasso saturo.
Il fenomeno che porta a disfunzione e poi a morte le cellule del pancreas per consumo eccessivo di acidi grassi saturi è detto ‘lipotossicità (tossicità da lipidi) e riguarda sia le cellule beta pancreatiche, produttrici di insulina, sia le cellule alfa pancreatiche, che producono il glucagone.

“Quando assumiamo una quantità eccessiva di grassi con la dieta – spiega uno degli autori del Position Paper SID, la prof.ssa Annalisa Natalicchio, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università degli Studi di Bari Aldo Moro, Bari – essi si trasformano in acidi grassi liberi nel sangue e raggiungono i diversi organi coinvolti nel metabolismo del glucosio, alterandone le funzioni. Così, se i livelli di acidi grassi nel sangue sono elevati e lo restano a lungo, si possono verificare danni a carico delle cellule beta e alfa pancreatiche, preziosissime perché secernono rispettivamente insulina e glucagone, due ormoni fondamentali per mantenere i livelli di glicemia entro un range di normalità”.

I grassi in eccesso (in particolare i grassi saturi) possono inoltre accumularsi anche nel fegato portando a una condizione denominata ‘fegato grasso (in termini medici, steatosi epatica non alcolica, NAFLD), con conseguente danneggiamento delle cellule epatiche (epatotossicità).

Una dieta adeguata e personalizzata, elaborata dal diabetologo o dal nutrizionista che si occupa di diabete, induce un significativo miglioramento e/o regressione del danno epatico nella NAFLD se è associata a una restrizione delle calorie giornaliere in grado di indurre un significativo calo ponderale (maggiore del 5% del peso corporeo).

Infine, un livello cronicamente elevato di acidi grassi nel sangue, interferisce in molti processi metabolici: può causare morte delle cellule muscolari cardiache, insulino-resistenza a livello dei tessuti periferici e alterazioni funzionali a carico delle cellule della muscolatura liscia (endotelio) che ricopre i vasi sanguigni.

I grassi saturi sono dunque nemici non solo dei vasi e del cuore, ma anche del pancreas e del fegato. In questo senso, la cosiddetta lipotossicità è un importante meccanismo che può condurre al diabete tipo 2.

L’eccesso di grassi circolanti che intossica, fino ad uccidere le cellule produttrici di insulina, deriva in parte da un alimentazione scorretta, in parte da un eccesso di zuccheri nel sangue (iperglicemia), che l’organismo trasforma in acidi grassi nocivi.

Il caso dell’olio di palma

Una dieta abituale a elevato contenuto di grassi e l’obesità viscerale (la ‘pancia’, l’obesità ‘a mela dovuto all’accumulo di grassi intorno alla vita) (→ valuta il tuo girovita) determinano un aumento della concentrazione di acidi grassi liberi (FFAs) nel sangue. Gli acidi grassi saturi, in particolare il palmitato (che pur essendo un grasso vegetale è di fatto un grasso saturo), possono diffondere attraverso la membrana plasmatica delle cellule beta del pancreas oppure legarsi a un recettore specifico (il GPR40), interferendo in questo modo con la funzione delle cellule fino alla loro morte.

I meccanismi attraverso i quali il palmitato fa questi danni sono molteplici e comprendono: l’accumulo e l’attivazione di secondi messaggeri tossici (come diacilglicerolo, ceramide, p66Shc e ossido nitrico); l’ aumento della β-ossidazione mitocondriale (una sorta di arrugginimento dei mitocondri, organelli che sono la ‘centrale elettrica’ delle cellule) con produzione di radicali liberi (ROS) e induzione di stress ossidativo; lo stress del reticolo endoplasmatico (ER stress); il blocco del segnale dell’insulina e del GLP-1 (incretino-resistenza).

Nessun alimento va demonizzato e qualche strappo alla regola è assolutamente lecito. Ma è bene non esagerare e soprattutto imparare a leggere le etichette alimentari, scegliendo in modo più consapevole cosa mettere nel carrello e cosa lasciare sullo scaffale del supermercato.

C’è grasso e grasso: i grassi saturi, i MUFA, i PUFA e i ‘trans’

Nella scelta dei grassi è la qualità, più ancora della quantità a condizionare il rischio di sviluppare il diabete tipo 2. In particolare, è soprattutto il consumo di alimenti ricchi in acidi grassi saturi (presenti ad esempio nelle carni rosse e processate) e di grassi trans (chiamati anche ‘grassi idrogenati’) ad essere associato ad un aumentato rischio di diabete tipo 2.

Al contrario, il consumo degli acidi grassi poli-insaturi (PUFA), soprattutto degli omega-6, e degli acidi grassi mono-insaturi (MUFA), soprattutto dell’acido oleico, presente soprattutto nell’olio di oliva, si associa ad una riduzione del rischio di diabete.

Per quanto riguarda invece il consumo di acidi grassi omega-3 a lunga catena, presenti essenzialmente nel pesce, i risultati degli studi sono ancora discordanti. Di certo sarebbe bene sostituire acidi grassi saturi e carboidrati con i gli acidi grassi mono-insaturi, perché questo migliora il profilo lipidico, la pressione arteriosa e il controllo della glicemia.

Come difendersi a tavola? La ‘ricetta’ anti-diabete di tipo 2

Per prima cosa è importante limitare il consumo di grassi saturi, preferendo i cibi ricchi in grassi mono-insaturi (olio extravergine d’oliva) e poli-insaturi (come gli omega-6 contenuti negli oli di semi di mais, di girasole, di soia, di cotone e di cartamo).

Gli alimenti più ricchi di acidi grassi saturi, quelli che andrebbero limitati al massimo in una sana alimentazione, sono il burro, i derivati del latte ricchi di grassi, le carni rosse, le carni processate (salami, hot dog, bacon salsicce, carni in scatola), le uova, il cioccolato e altri alimenti contenenti alcuni grassi vegetali quali olio di palma e olio di cocco.

Stesso discorso per i grassi ‘trans’ (i grassi ‘idrogenati’), presenti negli oli utilizzati per friggere ad esempio le patatine fritte di alcune piccole catene di fast food, in alcuni prodotti da forno (biscotti, merendine, panini, sandwich, crackers), margarine vegetali, gelati industriali, panna non casearia (quella per macchiare il caffè), in molti hamburger industriali e carni processate.

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