La retinopatia diabetica rappresenta una delle complicanze più importanti del diabete mellito con gravi implicazioni socio-economiche; colpisce soggetti diabetici sia di tipo 1 che di tipo 2 nei quali la possibilità di sviluppare danni alla retina o ad altre strutture oculari è maggiore rispetto alle persone sane.
La retinopatia viene considerata la principale causa di ipovisione e di cecità nel mondo occidentale tra le persone con insorgenza del diabete al di sotto dei 30 anni. In Italia la grave perdita della vista dovuta al diabete è oggi molto contenuta rispetto al passato. Questo tipo di complicanza può essere prevenuto ed è compito del medico prescrivere un primo controllo oftalmologico completo (da un oftalmologo o da un optometrista esperto) da ripetersi almeno una volta all’anno:
- a tutti i soggetti che hanno il diabete di tipo 1 entro 3-5 anni dall’esordio del diabete
- a tutte le persone con diabete di tipo 2 sin dal momento della diagnosi
Un esordio lento e latente
La comparsa di una retinopatia può richiedere anni prima di manifestarsi in modo evidente ma il rischio sta proprio qui: ovvero nel lungo tempo durante il quale può rimanere inosservata ma continua ad evolvere fino a quando non causa un deterioramento evidente della vista cui è più difficile porre rimedio. Il danno causato da una retinopatia è infatti più facilmente trattabile agli esordi che non quando si è ormai stabilizzato. Per questo è bene farsi controllare regolarmente anche se in apparenza non si hanno sintomi evidenti. E’ consigliabile rivolgersi subito all’oculista soprattutto se ci si accorge di un peggioramento evidente della acutezza visiva (capacità di distinguere i dettagli) o, se per esempio, durante la notte le zone intorno alle luci si vedono clonate od offuscate.
Retinopatia: quali sono le cause?
La retinopatia è causata dalla presenza costante e per lunghi periodi di livelli eccessivi di zucchero circolante nel sangue (livelli cronici di iperglicemia) in grado di determinare alterazioni strutturali nella parete dei capillari e dei piccoli vasi.
Quali sono i danni che provoca?
Il principale danno causato dalla retinopatia diabetica è un’alterazione del circolo sanguigno a livello dei vasi più piccoli, i cosiddetti capillari della retina, dove il sangue cede ai vari tessuti ossigeno e sostanze nutritive.
L’endotelio ovvero la parete dei capillari della retina, una volta danneggiato dall’iperglicemia, perde nel tempo la sua permeabilità selettiva (ovvero la sua capacità di filtro per le sostanze nocive) e le sue capacità di autoregolazione del flusso sanguigno. I capillari della retina diventano più fragili, la parete si dilata fino a creare dei veri sfiancamenti (detti microaneurismi), la circolazione sanguigna rallenta e si determinano alterazioni funzionali del microcircolo locale. A questo punto la retina presenta delle zone di ischemia (che possono essere del tutto asintomatiche), cioè delle microaree che non ricevono più sufficiente nutrimento dai vasi capillari; questo danno stimola la formazione di nuovi vasi sanguigni (neovascolarizzazione) nel tentativo di compensare tale ischemia. Questi piccoli capillari di nuova formazione sono però molto fragili e tendono con facilità a rompersi e a sanguinare. Queste microemorragie possono diffondersi ed invadere le varie strutture oculari fino alla retina stessa. In seguito, quando l’emorragia si riassorbe, si forma del tessuto fibroso disorganizzato (simile a quello delle cicatrici) che causando un irrigidimento delle strutture vascolari della retina, esercita una continua trazione sui vasi con possibili “strappi” e distacco di piccoli lembi di retina con evidenti gravi danni alla retina e alla capacità visiva. A questo punto la retinopatia viene chiamato proliferante:diventa molto grave e il danno è inarrestabile.
Perché la retina risulta maggiormente colpita?
Perché è molto ricca di vasi in quanto ha continuamente bisogno di ricevere sostanze nutritive e ossigeno per funzionare. Inoltre, i suoi vasi, a differenza di quanto si verifica in altri organi, non confluiscono gli uni negli altri ma scorrono isolati.
Quando insorge la retinopatia?
La retinopatia diabetica può insorgere con qualsiasi forma di diabete e in qualsiasi momento del suo decorso. Spesso una persona scopre di essere diabetica nel corso di una visita oculistica proprio perché si rileva un danno oculare.
Ci sono fattori di rischio che ne favoriscono l’insorgenza o l’evoluzione?
Uno dei fattori principali di rischio è la durata del diabete. Ciò significa che il rischio di avere una retinopatia (magari senza avvertire alcun sintomo) cresce proporzionalmente con l’aumento del numero di anni dalla diagnosi di diabete. E’ stato calcolato che dopo 20 anni di malattia diabetica, circa il 70% dei soggetti diabetici ha sviluppato una retinopatia di vario grado.
Un altro fattore di rischio è il cattivo controllo metabolico del proprio diabete. Ecco un altro motivo per cui è così importante seguire scrupolosamente le indicazioni del proprio medico, adeguandosi con un certo rigore ad un nuovo stile di vita.
Infine, altri fattori che influenzano lo sviluppo di una retinopatia in modo più o meno determinante sono: il consumo di alcolici, il fumo, alcuni farmaci, valori pressori costantemente alti, disturbi ai reni.
Ci sono degli esami specifici che possono mettere in evidenza queste lesioni?
L’esame con l’oftalmoscopia binoculare indiretta, e/o con la biomicroscopia del fondo oculare con lente di Goldmann, rappresenta una tecnica di semplice esecuzione che consente di esplorare la superficie retinica e di visualizzare aree che necessitano di approfondimento diagnostico.
L’esame fondamentale, però, è la fluoroangiografia retinica che viene sempre eseguita quando si sospettano problemi alla retina, al nervo ottico o alla coroide (lo strato profondo riccamente vascolarizzato che nutre la retina). Si tratta di un esame ambulatoriale molto utile per evidenziare in modo accurato la presenza e l’estensione di eventuali lesioni oculari.
Durante l’esame viene iniettato per via endovenosa un fluido di contrasto, la fluoresceina, che si distribuisce in tutti i vasi sanguigni e permette di misurare i tempi di circolazione del sangue, sia arterioso che venoso, nei vasi dell’occhio. La fluoresceina consente di visualizzare i capillari sia nel loro decorso sia nel loro calibro, permettendo anche di mettere in evidenza eventuali punti di danno o rottura sulla parete ove si osserva una fuoriuscita di plasma nei tessuti. La fluoroangiografia retinica consente di esaminare con cura la circolazione di tutte le aree della retina e prevede l’esecuzione di una serie di fotografie con l’utilizzo di filtri colorati (verde, rosso e blu) che consentono di scandagliare i vari strati della retina. L’esame valuta eventuali danni anche a carico del nervo ottico e della coroide. Al termine dell’esame permane per qualche ora la caratteristica colorazione gialla della cute e delle urine che è comunque del tutto innocua.
L’esame va eseguito a digiuno, in sé dura pochi minuti (5-6 minuti) ed è in genere preceduto dalla dilatazione delle pupille ottenuta con l’instillazione di un collirio specifico una ventina di minuti prima; attualmente nei centri più avanzati viene usato uno speciale fundus-camera in grado di fotografare il fondo dell’occhio senza la necessità di dilatare le pupille. PUò essere eseguito in genere da tutte le persone diabetiche in buone condizioni di salute generale a meno che non siano allergiche ai mezzi di contrasto.
La fluoroangiografia retinica pur essendo un esame molto attendibile è di semplice esecuzione e indolore; se eseguito regolarmente (almeno una volta all’anno) e in modo accurato permette di riconoscere un danno iniziale e quindi di agire in modo tempestivo contro la degenerazione della retinopatia. Se si accusano dei sintomi o si notano dei peggioramenti della vista è meglio eseguire l’esame con maggiore frequenza, sulla base di quanto indicato dallo specialista.
Quali sono i trattamenti più utili per prevenire e rallentare la retinopatia?
L’efficacia della terapia è strettamente correlata alla precocità della diagnosi.
Un buon controllo del proprio diabete è la prima arma per contrastare lo sviluppo di una retinopatia. Quanto più i livelli di glicemia sono sotto controllo, tanto più i danni ai capillari della retina vengono allontanati nel tempo.
Un’attenzione particolare va, inoltre, posta ai valori della pressione che devono essere mantenuti entro un range di normalità tendente al basso (l’ideale è sotto valori di 130/80 mmHg rispettivamente per la pressione massima (sistolica o PAS) e la pressione minima (diastolica o PAD) in assenza di problemi agli occhi. Un buon controllo della pressione diventa un parametro ancora più importante da controllare in caso di inizio o peggioramento della retinopatia. Se si hanno problemi agli occhi (o ai reni) i valori pressori dovrebbero essere mantenuti al di sotto di 120/75 mmHg. Per qualsiasi dubbio parlane con il tuo medico. Un buon controllo della pressione è oggi raggiungibile facilmente con l’utilizzo di farmaci antipertensivi.
Se la retinopatia è già stata diagnosticata molto probabilmente l’oftalmologo vi avrà anche parlato della terapia laser che fino a qualche anno fa ha rappresentato il trattamento più efficace e che ha contribuito negli ultimi vent’anni a un notevole abbassamento dell’incidenza di cecità da retinopatia diabetica. Il laser non ridona la capacità visiva perduta ma blocca o rallenta notevolmente la progressione della malattia salvaguardando la capacità visiva rimasta. Per questo è fondamentale la diagnosi precoce: se l’intervento laser è precoce il danno può rimanere irrilevante ma se si interviene su una retina ampiamente danneggiata il recupero visivo è comunque molto critico. La terapia medica può essere di aiuto favorendo la per fusione dei piccoli vasi e la migliore ossigenazione ma niente di più.
Come funziona il trattamento laser?
Si tratta in sostanza di una bruciatura che si produce a livello del tessuto retinico poiché viene concentrata sulla retina una grande quantità di energia luminosa che si traduce in un’ustione e quindi “brucia” il tessuto malato risparmiando il tessuto sano.
Negli ultimi anni, al trattamento laser si è affiancata la terapia intravitreale, un trattamento molto meno invasivo rispetto al laser, che consiste nell’iniettare all’interno dell’occhio dei principi attivi che sono in grado di migliorare in modo sostanziale la degenerazione della retinopatia senza arrivare alla distruzione del tessuto; si tratta, quindi, di un enorme passo avanti.
Esistono diversi tipi di sostanze che possono essere iniettate all’interno dell’occhio. Un gruppo di farmaci comprende le cosiddette sostanze anti VEGF (Vascular Endotelial Growth Factor, Fattore di crescita dell’endotelio vascolare). Molti studi hanno evidenziato che il VEGF si libera in eccesso dal tessuto retinico malato, sia in corso di retinopatia proliferante sia in corso di retinopatia non proliferante. Il farmaco iniettato all’interno dell’occhio consente di ridurre il livello di questa sostanza all’interno dell’occhio e quindi di contrastare la progressione del danno degenerativo. Oltre agli anti-VEGF vengono oggi utilizzati gli steroidi, per esempio il desametazone a lento rilascio, il fluocinolone a lento rilascio e altri. Sono molecole che possono essere iniettate all’interno dell’occhio, rimangono in situ per un periodo di tempo lungo, e determinano anche loro degli ottimi risultati terapeutici.
Nelle situazioni più avanzate per salvaguardare la vista si ricorre all’intervento chirurgico. In questi casi, la vitrectomia ovvero la rimozione del vitreo e la sua sostituzione con sostanze tamponanti trasparenti può essere di qualche aiuto. La cosa migliore è parlarne con il medico oftalmologo, la persona di riferimento che può darvi un consiglio autorevole in base alla vostra situazione personale e sulla base delle vostre reali necessità.
Purtroppo i sintomi di retinopatia cominciano in genere a manifestarsi quando questa complicanza diabetica ha già raggiunto uno stadio avanzato.
Anche in assenza di sintomi soggettivi, il soggetto diabetico deve sottoporsi a un visita oculista con esame del fondo oculare almeno una volta all’anno, se non ha segni di danni oculari, o con maggiore frequenza se presenta già segni di retinopatia.