Diabete e obesità: che cosa succede quando si ammala il nostro tessuto adiposo?

Diabete e obesità: che cosa succede quando si ammala il nostro tessuto adiposo?

A cura di Maria Rita Montebelli* e Andrea Sermonti**

Il tessuto adiposo o massa grassa non è un tessuto metabolicamente inattivo come si pensava fino a pochi anni fa. Esso costituisce un vero e proprio organo adiposo endocrino, in grado di produrre ormoni e altre sostanze attive, dotato di propri vasi, nervi e cellule immunitarie, ampiamente distribuito in molte parti del nostro corpo. È formato da tessuto adiposo bianco (white adipose tissue o WAT) e tessuto adiposo bruno (brown adipose tissue o BAT) che sono caratterizzati da differenti struttura e forma, localizzazioni anatomiche, funzioni e regolazioni. Entrambi i tessuti sono coinvolti nel bilancio energetico del nostro organismo ma con funzioni antitetiche:

  • il tessuto adiposo bianco (WAT), oltre a essere coinvolto nel deposito e nella mobilizzazione dell’energia sotto forma di trigliceridi, viene oggi considerato una vera e propria sorgente di ormoni e sostanze biologicamente attive, tra cui le adipochine (leptina, adiponectina, interleuchina-6 o IL-6) la cui secrezione risulta alterata nelle persone con obesità.
  • Il tessuto adiposo bruno (BAT) ha la funzione opposta, ovvero brucia le calorie: è specializzato nel dissipare energia come calore durante la termogenesi indotta dal freddo o da una dieta ipercalorica ma le sue funzioni sono ancora ampiamente in studio.
Tessuto adiposo bianco e tessuto adiposo bruno

Tessuto adiposo bianco (white adipose tissue o WAT) e tessuto adiposo bruno (brown adipose tissue o BAT)

Che cosa succede in caso di obesità, quando il nostro organo adiposo endocrino si ammala?

L’obesità può essere considerata una malattia già a partire dalla definizione di uno dei padri della medicina moderna, Gian Battista Morgagni (Padova 1682-1771) che parlava di “malattia quando si accerta che sia presente un organo con evidenti segni di patologia”. “Nell’uomo – ricorda il prof. Saverio Cinti, direttore del Centro dell’Obesità, Università Politecnica delle Marche (UNIVPM), Ancona – i tessuti adiposi (sia il grasso ‘bianco’ che quello ‘bruno’) formano un vero e proprio organo: il cosiddetto ‘organo adiposo endocrino’. E quest’organo nelle persone con obesità è patologico perché l’ipertrofia (aumento di volume) delle cellule adipose (adipociti) – che cercano in questo modo di immagazzinare quanta più energia possibile – induce la comparsa di un’infiammazione cronica di basso grado. Questa infiammazione è causata dalla morte degli adipociti ipertrofici, che in questo modo lasciano tanti ‘detriti’ che devono essere riassorbiti dall’organismo”.

“Deputati a questa sorta di ‘waste management’ sono delle cellule che fungono da “spazzini”: i macrofagi, cellule infiammatorie specializzate nella ‘rimozione dei detriti’, che però nello svolgimento del loro lavoro, producono anche sostanze che vanno ad interferire con il recettore dell’insulina. E questo determina una ridotta funzionalità dell’insulina stessa (‘resistenza’ insulinica). In un primo tempo il pancreas cerca di compensare producendo più insulina, ma poi esaurisce la sua funzione; e il crollo dei livelli di insulina conseguente è alla base della comparsa del diabete di tipo 2”. Ma non è finita. “Le cellule del grasso viscerale (quelle localizzate nella ‘pancia’) – afferma il prof. Cinti – muoiono prima di quelle del tessuto sottocutaneo; ecco perché l’accumulo di grasso a livello viscerale, più tipico dei maschi (le donne – in età fertile sotto copertura degli estrogeni – tendono ad accumulare grasso soprattutto a livello sottocutaneo, fenomeno che cambia dopo la menopausa) risulta più pericoloso da un punto di vista metabolico e può facilitare la comparsa di diabete di tipo 2”.

I diversi tipi di tessuto adiposo

Il tessuto adiposo bianco e quello bruno hanno compiti diversi

  • “Il grasso bianco immagazzina energia (sotto forma di trigliceridi) da ridistribuire poi all’organismo (come acidi grassi liberi) negli intervalli tra i pasti;
  • il grasso bruno invece immagazzina i trigliceridi in un modo particolare, così da poterli rilasciare in maniera rapida e massiva per una particolare funzione dei mitocondri, che è quella di utilizzare l’energia per generare calore (termogenesi)”.

Le due tipologie di tessuto adiposo, bianco e bruno hanno una buona capacità di adattamento e, a seconda delle esigenze, possono ‘trasformarsi’ uno nell’altro, con stadi intermedi.

“Così per esempio, in seguito all’esposizione cronica al freddo, il tessuto adiposo bianco si converte in bruno (‘browning), mentre in risposta a un apporto eccessivo e cronico di energia (obesità), il tessuto bruno si trasforma in bianco (‘whitening). Diversi studi su modello animale (topo) – conclude il prof. Cinti – hanno dimostrato che la dispersione dell’energia, operata dal tessuto adiposo bruno, può essere sfruttata per trattare obesità e diabete 2 nel topo. Cominciano ad accumularsi evidenze che l’imbrunimento del tessuto adiposo bianco potrebbe avere effetti favorevoli anche nell’uomo e dunque rappresentare un futuro target terapeutico per il trattamento dell’obesità”.

Un recente lavoro del gruppo del prof. Cinti ha evidenziato come l’importanza dell’infiammazione del grasso viscerale nelle persone con obesità possa giocare un ruolo patogenetico nel COVID-19.

“Lo studio, condotto al momento su 19 pazienti con Covid-19 e 23 controlli – spiega il prof. Cinti – ha dimostrato che il 100% dei pazienti COVID erano affetti da embolia polmonare lipidica, verisimilmente dovuta all’iper-infiammazione del loro grasso viscerale (doppia rispetto ai controlli). Inoltre, abbiamo dimostrato che le membrane jaline (formazioni patologiche che si depositano sugli alveoli polmonari dopo un danno dell’epitelio per virus, inalazione gas irritanti o altre cause e ostacolano la respirazione) – presenti nel 100% dei pazienti COVID – responsabili del distress respiratorio, sono di natura lipidica con aspetti di transizione tra l’embolia grassosa (quando l’embolo è costituito da un ammasso di grasso) e le membrane jaline. Questi dati offrono una possibile spiegazione sia al fatto che la polmonite da COVID sia spesso bilaterale, che alla prognosi peggiore nei soggetti con obesità viscerale”.

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* La Dott.ssa Maria Rita Montebelli è medico specialista in endocrinologia al Dipartimento di Scienze gastroenterologiche, endocrino-metaboliche e nefro-urologiche del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma.
Si occupa da molti anni di divulgazione medico-scientifica, come giornalista, moderatore di incontri scientifici, addetto stampa di diverse Società Scientifiche. Scrive per Quotidiano Sanità e per il portale Salute di Repubblica.

** Il Dr. Andrea Sermonti è giornalista, laureato in Giurisprudenza all’Università La Sapienza di Roma, attualmente Direttore di StudioNews, Bruxelles, Società di servizi stampa, specializzata nell’offerta di service giornalistici per i quotidiani e on line nonché nell’organizzazione di conferenze ed eventi media.

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