Diabulimia: come cogliere i segnali per affrontarla

Diabulimia: come cogliere i segnali per affrontarla

I disturbi alimentari nelle persone diabetiche sono in progressivo aumento. La diabulimia è un disturbo ancora non riconosciuto dalla medicina ufficiale, ma già fa parlare tanto di sé. Web e letteratura scientifica sono ricchi di informazioni in merito, pur riportando dati suscettibili di notevole variabilità, in quanto comprensivi o meno delle forme subcliniche (senza sintomi clinici conclamati).

Il termine diabulimia indica l’associazione di diabete di tipo 1 (insulino-dipendente), bulimia e riduzione volontaria delle somministrazioni di insulina al fine di ridurre il peso corporeo. I medici parlano in questi casi di doppia diagnosi, ovvero di due patologie presenti nella stessa persona, in questo caso correlate tra loro. Una sorta di “mostro con due teste” di fronte al quale persone con diabete e familiari possono facilmente sentirsi smarriti e sprovveduti.

Diabulimia: perché si manifesta?

Sostanzialmente perché le ragazze e le giovani donne diabetiche sono come le altre: hanno bisogno di essere accettate, amate, ma si sentono insicure e a disagio qualora tra la propria immagine allo specchio e l’immagine del sé ideale, impresso nella loro mente, vi sia un gap troppo ampio. Analogamente agli altri disturbi alimentari si manifesta soprattutto nel sesso femminile, in età adolescenziale (13-18 anni). L’adolescenza è l’età più a rischio in quanto richiede un grande sforzo di adattamento per affrontare il passaggio all’età adulta, a tale sforzo si aggiunge una difficoltà in più: quella dell’accettazione di una malattia cronica che comporta una gestione complessa. Spesso le ragazze con diabete di tipo 1 giungono alla diagnosi sotto peso, che recuperano successivamente con la terapia insulinica. Può accadere che il peso aumenti eccessivamente, rappresentando un problema non solo da un punto di vista medico e nutrizionale, ma anche psicologico: non ci si riconosce proprio più in questo corpo “dilatato”. Ogni volta che lo si guarda non si può fare a meno di pensare che la propria breve vita sia già segnata da “un prima e un dopo”. Questo può generare nella ragazza una profonda angoscia, un rifiuto di questo corpo che sembra “altro da sé”, che non appartiene ai propri ricordi, ma non si riesce nemmeno a inserire in una progettualità futura.

Come riuscire a cogliere i primi segnali?

Poiché si tratta di un disturbo in fase di studio, non esistono ancora questionari specifici scientificamente validati. Tuttavia, familiari, amici e insegnanti, possono essere un valido aiuto nel cogliere comportamenti o sintomi sospetti di questo complesso disturbo, nel notare precocemente qualcosa di strano, non giustificato dall’età. E’ importante un lavoro di equipe, un’equipe non fatta solo da figure professionali, ma anche dalle persone che ruotano attorno alla ragazza nella sua quotidianità, che condividono le sue aspirazioni, i momenti di inquietudine e demoralizzazione tipici dell’età. Gli insegnanti possono riscontrare per esempio un calo dell’interesse o del rendimento, l’emergere di difficoltà nelle relazioni con i compagni; le amiche possono notare una crescente preoccupazione per il peso e per le forme corporee, una tendenza alla labilità emotiva e una bassa autostima; i familiari possono notare una tendenza a sfuggire ai controlli, una repentina perdita di peso, episodi di abbuffate, ma anche un’ eccessiva preoccupazione per il calcolo delle calorie e della composizione degli alimenti, frequente comparsa di sintomi di chetoacidosi.
In caso di sospetto di diabulimia, è opportuno confrontarsi con il diabetologo ed eseguire degli accertamenti, come l’HbA1c glicata, che rilevano se effettivamente il diabete non è stato tenuto sotto controllo.

Che cosa si può fare?

Non è semplice trovare una risposta. Anche in questo caso è utile la collaborazione di tutti coloro che hanno un legame affettivo con la ragazza, oltre ai professionisti della salute. Facile e riduttivo cercare di spaventare la piccola donna con l’elenco delle complicanze, che possono effettivamente essere severe, fino alla morte. Ricordiamo sempre che si tratta di ragazze giovani, che vorrebbero correre incontro al futuro, ma qualcuno ha tirato il freno a mano… Prima di dare queste informazioni sarebbe meglio cercare di rinforzare le abilità di coping, cioè le capacità di far fronte alla gestione della malattia, cercando di concordare con il diabetologo uno schema un po’ più semplice di somministrazione dell’insulina, o cercando di trovare il sistema per lei più agevole nel controllo della glicemia. Un counselling psicologico può essere utile per migliorare le capacità di autogestione della malattia, unitamente alla maturazione di una nuova consapevolezza dei rischi e delle conseguenze a lungo termine di certe “iniziative”… In questi termini si può inserire la spiegazione delle complicanze e delle conseguenze di una manipolazione impropria della somministrazione di insulina.

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