La chetoacidosi diabetica (abbreviata spesso in DKA) è una grave complicanza acuta del diabete, soprattutto del diabete di tipo 1, molto più raramente del diabete di tipo 2. La comparsa di chetoacidosi diabetica all’esordio del diabete di tipo 1 – quasi sempre improvviso e repentino – o nel corso della malattia (per interruzione volontaria o accidentale della somministrazione di insulina) rappresenta sempre un’emergenza medica; se non prontamente diagnosticata e trattata in modo adeguato è – purtroppo – tutt’ora causa di mortalità come ci segnala la cronaca degli ultimi mesi. Anche situazioni di stress (traumi, malattie acute concomitanti) possono provocare chetoacidosi così come un esordio di diabete tipo 2 in un adolescente.
Considerato il quadro complesso, la chetoacidosi diabetica va trattata in strutture competenti, con team esperti che prevedano possibilmente la presenza di un pediatra diabetologo.
Vediamo insieme quali sono i sintomi spia a cui fare attenzione, che cosa provoca la chetoacidosi e come può essere trattata e prevenuta.
Quali sono i principali sintomi “spia” di chetoacidosi diabetica?
La chetoacidosi diabetica può manifestarsi con alcuni sintomi che sono facili da identificare:
- poliuria (minzione frequente e abbondante: il bambino fa tanta pipì, molto più del solito e più spesso);
polidipsia (sete intensa: il bambino ha tanta sete, che non viene soddisfatta bevendo); - stanchezza, debolezza, affaticamento ingiustificati;
- respiro pesante, difficoltoso e ansimante;
- possibile perdita di peso.
- poliuria (minzione frequente e abbondante: il bambino fa tanta pipì, molto più del solito e più spesso);
In caso si presentino questi sintomi, il bambino o l’adolescente va portato subito al Pronto Soccorso (possibilmente dove ci sia anche un Centro Diabetologico) o dal pediatra di fiducia. Chiedere sempre di fare un semplice esame della glicemia capillare (prelievo di una goccia di sangue dal dito, con il glucometro).
Un aspetto tipico della chetoacidosi è il caratteristico alito che odora di frutta molto matura (acetone): è dovuto all’eliminazione per via aerea di acetone, un corpo chetonico di scarto che deriva dal metabolismo degradativo.
A questi sintomi si associano, in vario grado:
- disidratazione, nausea, vomito, ipotensione, aritmie, sonnolenza e stato confusionale fino al coma.
Possono essere presenti anche altri sintomi meno specifici, tra cui: febbre come manifestazione di un’infezione concomitante, perdita di attenzione, arrossamento del viso, cefalea, spossatezza muscolare o dolenzia, gastralgia.
Che cosa è provoca la chetoacidosi diabetica?
La chetoacidosi si manifesta quando i tessuti non riescono a utilizzare lo zucchero semplice (glucosio) come riserva di energia perché non c’è l’ormone insulina (carenza assoluta) o non ce n’e abbastanza in circolo (carenza parziale). Come noto l’insulina è l’ormone che consente alle cellule di captare lo zucchero e utilizzarlo come energia per tutte le funzioni corporee.
Alla comparsa di chetoacidosi concorrono alcune condizioni concomitanti: • l’iperglicemia (elevati valori di glucosio nel sangue, >200 mg/dl; • la glicosuria (accumulo di glucosio nelle urine); • la chetonemia (accumulo di corpi chetonici nel sangue); • la chetonuria (accumulo di chetoni nelle urine); • l’acidosi metabolica (pH <7.30, bicarbonati < 15 mmol/l), accompagnate da • disidratazione più o meno intensa.
La chetoacidosi rappresenta spesso la manifestazione d’esordio – particolarmente brusco e improvviso – del diabete di tipo 1, nelle persone (spesso bambini e adolescenti) alle quali non sia stato ancora diagnosticato. Può anche insorgere in persone che hanno già ricevuto una diagnosi di diabete di tipo 1; infatti, infezioni, traumi, una malattia concomitante, mancate somministrazioni di insulina o interventi chirurgici possono portare alla chetoacidosi diabetica nei soggetti con diabete di tipo 1.
La chetoacidosi diabetica può svilupparsi anche in soggetti con diabete di tipo 2 ma è molto meno frequente. In questi casi, in genere viene innescata da un mancato controllo della glicemia nel sangue, un utilizzo dei farmaci non aderente alla terapia prescritta o l’insorgenza di una malattia concomitante.
Che cosa succede esattamente in assenza di insulina?
In assenza dell’ormone insulina, il glucosio (che rappresenta la principale fonte energetica del nostro organismo) non riesce ad entrare nelle cellule e quindi non può essere utilizzato. Al suo posto le cellule si adattano a utilizzare soprattutto acidi grassi. Bruciando gli acidi grassi, si formano sostanze di scarto chiamate chetoni o corpi chetonici che si accumulano nel sangue (chetonemia). I corpi chetonici sono acidi non volatili, difficilmente eliminabili, che tendono ad acidificare il sangue (acidosi metabolica) abbassandone il pH.
In parallelo, considerata la carenza di zucchero all’interno delle cellule, per bilanciare la situazione, il cervello stimola la produzione di alcuni ormoni iperglicemizzanti: glucagone, catecolamine, cortisolo e ormone della crescita (GH), che a loro volta stimolano la sintesi di glucosio (gluconeogenesi e glicogenolisi); tutto questo zucchero neoformato (non potendo entrare nelle cellule in assenza di insulina) si riversa nel circolo sanguigno e peggiora ulteriormente la condizione di iperglicemia.
Come si tratta la chetoacidosi?
Se la chetoacidosi diabetica non viene trattata tempestivamente, può portare a ulteriori complicanze gravi o addirittura al decesso. Il trattamento della chetoacidosi diabetica va eseguito in ospedale, da un team esperto e competente. Se nella struttura di riferimento non c’è, va organizzato un trasferimento in struttura più idonea.
Il trattamento della chetoacidosi diabetica prevede:
- una terapia reidratante (somministrazione intravenosa di fluidi) e supplementazione di sali minerali (in particolare sodio e potassio ma non solo) per risolvere gradualmente la disidratazione e cominciare a diluire l’elevata concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia). La reidratazione precoce è fondamentale, soprattutto nel caso di disidratazione grave. La gestione di questa terapia è delicata e personalizzata in base alle singole condizioni del paziente quindi richiede personale esperto e competente;
- la terapia con insulina per via endovenosa che è essenziale per normalizzare i valori della glicemia, sopprimere la lipolisi (degradazione dei grassi) e la chetogenesi (sintesi dei corpi chetonici). La terapia insulinica non va iniziata prima di 90-120 min dall’avvio della reidratazione, per consentire che quest’ultima di per sé induca un effetto ipoglicemizzante, con iniziale riduzione della glicemia. E’ molto importante che, soprattutto nelle prime ore, la glicemia scenda in modo graduale; non dovrebbe diminuire più di 90-100 mg/dl ogni ora secondo le Linee Guida di riferimento (vedi dopo). Va utilizzata sempre insulina regolare (Actrapid, Humulin R, Insuman Rapid), e non gli analoghi rapidi, e sempre in infusione. La somministrazione di insulina in bolo va evitata (la riduzione della glicemia rischierebbe di essere troppo rapida, con aumento del rischio di edema cerebrale);
- tutti gli esami del sangue, di laboratorio e clinici (per es. ECG) necessari per monitorare la situazione;
- eventuale terapia antibiotica in caso sia presente un’infezione (per es una polmonite o un’infezione delle vie urinarie), che spesso rappresenta un fattore aggravante; lo stress che ne deriva, infatti, aumenta la secrezione di ormoni iperglicemizzanti come il cortisolo e le catecolamine.
Sebbene spesso utilizzato in passato, oggi si consiglia di evitare l’uso dei bicarbonati in corso di chetoacidosi diabetica in bambini e/o adolescenti. Manca una letteratura scientifica rigorosa che ne documenti i reali benefici.
In caso di chetoacidosi, la persona con diabete può avere scarso appetito e poco voglia di assumere cibo: ciò può indurla a pensare che sia meglio diminuire la dose di insulina; nulla di più sbagliato,per prevenire la chetoacidosi diabetica, è invece importante intensificare i controlli della glicemia e adeguare lo schema terapeutico secondo quanto consigliato dal diabetologo.
Le Linee Guida per la gestione della chetoacidosi diabetica
Online è possibile scaricare le “Raccomandazioni per la gestione della chetoacidosi diabetica in età pediatrica” redatte dal Gruppo di Studio di Diabetologia Pediatrica S.I.E.D.P, la Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (Acta Biomed. – Vol. 86 – Quad. 1 – Gennaio 2015)
Scarica le Raccomandazioni SIEDP, qui »
Come si può evitare lo sviluppo di una grave chetoacidosi diabetica?
E’ fondamentale in questo senso che la persona diabetica sia sensibilizzata a valutare spesso e regolarmente i propri valori di glicemia, cercando di tenerli sotto controllo. Il medico dovrà anche insegnare al proprio paziente (e ai suoi familiari) a riconoscere i sintomi più precoci di iperglicemia in modo da reagire tempestivamente e rivolgersi subito a un medico. La persona diabetica che soffra abitualmente di picchi iperglicemici dovrebbe abituarsi ad autocontrollare periodicamente anche i corpi chetonici nel sangue con l’apposito device/glucometro.
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