La parola allo specialista, il prof. Stefano Balducci, Endocrinologo alla Sapienza di Roma
Per i professionisti del pedale, ciclisti con diabete, ma anche senza, occorrono attenzioni mediche speciali, data la prestazione al limite che viene richiesta al fisico. Non a caso, equipe dedicate seguono passo dopo passo allenamenti e preparazione degli atleti.
Diverso è il discorso per i semplici appassionati che atleti non sono, ma intraprendono o intensificano, spesso senza adeguato controllo, un’attività fisica.
Insomma, i due mondi vanno tenuti separati: i professionisti del pedale con le loro storie coinvolgenti come quella del Team Novo Nordisk, con i suoi ciclisti in gara alla Milano-Sanremo, e chi sale in sella a livello amatoriale.
“Diciamo subito che a un paziente con diabete l’attività fisica fa bene, purché sia svolta con criterio”, spiega il prof. Stefano Balducci, specialista in Endocrinologia all’Università la Sapienza di Roma.
Fare del movimento è utile e importante, al pari di fattori fondamentali come l’alimentazione e l’insulina: l’attività fisica, se svolta correttamente, agevola il controllo glicometabolico e limita lo sviluppo delle complicanze. Ma bisogna aver chiara l’idea che lo sport professionistico e la pratica sportiva nella vita quotidiana sono due mondi completamente diversi. In altre parole, improvvisarsi sportivi della domenica, quelli che svolgono attività fisiche impegnative senza continuità e programmazione, è controproducente.
“L’occasionalità è particolarmente negativa – avverte il prof. Balducci -. Nel diabete di tipo 1, il diabetologo lavora per inquadrare il delicato equilibrio fra alimentazione, somministrazione di insulina e attività fisica, per far sì che la persona con diabete non raggiunga picchi importanti di ipoglicemia o di iperglicemia. Quando è sporadica, l’attività fisica solo di rado viene tenuta in conto in questo delicato bilancio: va quindi a influire senza controllo sul rapporto con alimentazione e insulina, determinando un maggiore assorbimento di glucosio da parte dei muscoli con il serio rischio di determinare scompensi. Quindi va trasmesso con chiarezza il messaggio – ribadisce lo specialista – che lo sport fa bene purché sia ripetuto, non occasionale e svolto nella maniera più costante possibile, perché solo allora la persona con diabete e lo specialista possono calibrare la problematica, una volta stabilita l’attività che si vuole svolgere per volume, intensità e durata, poi da lì si riesce a individuare il giusto mix con gli altri elementi”.
Da queste indicazioni scaturisce quanto sia importante non solo che l’attività fisica sia pianificata, ma che ciò avvenga con l’assistenza dello specialista. “Deve diventare una prescrizione del diabetologo, questo è fondamentale – conclude il prof. Balducci -. Mentre sull’alimentazione, nel riferire al medico, il paziente in genere è particolarmente attento, sull’attività fisica è più superficiale, e ciò è ancor più rischioso quando ci sono complicanze croniche del diabete come retinopatie, neuropatie o nefropatie, rispetto alle quali è addirittura controindicata. Il messaggio da lanciare ai pazienti con diabete che si lasceranno coinvolgere dai loro beniamini in gara alla Milano-Sanremo è: fate sport anche voi, ma fatevi del bene; cioè programmate l’attività molto seriamente”.