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Presentata la revisione 2018 delle Linee Guida italiane sul diabete

Presentata la revisione 2018 delle Linee Guida italiane sul diabete

25 Maggio 2018/in Linee guida e consigli /da Redazione Diabete.com

Con la Consulenza del dr. Matteo Monami**, direttore dell’Unità Piede Diabetico, Ospedale Careggi, Firenze

 

Si chiamano Standard Italiani per la Cura del Diabete Mellito e sono le linee guida sul diabete, uno strumento di riferimento per tutti i medici impegnati nella diagnosi e nel trattamento del diabete, patologia che nelle sue varie forme, interessa almeno 4 milioni di italiani.
L’edizione 2018 degli Standard italiani per la cura del diabete, elaborati congiuntamente dalla Società Italiana di Diabetologia (SID) e dall’Associazione Medici Diabetologi (AMD), contiene diverse novità che vengono sintetizzate di seguito.

 

1. Trattare per obiettivi ‘flessibili’, tenendo presente il rischio di ipoglicemia

L’obiettivo di cura prevede il raggiungimento di valori target di glicemia ben definiti, poiché il superamento di tali valori si associa a un maggiore rischio di insorgenza di complicanze del diabete, acute o croniche. I valori target a cui tendere possono -tuttavia – essere differenziati a seconda delle esigenze del paziente, tenendo in considerazione sia aspetti clinici, che altri aspetti legati alla condizione sociale e personale del paziente. In particolare, nel caso del diabete di tipo 2, la novità degli Standard di Cura 2018 consiste nel declinare l’obiettivo di emoglobina glicata (HbA1c) da raggiungere, anche a seconda della terapia farmacologica adottata. Così, laddove si preveda l’impiego di farmaci in grado di determinare ipoglicemia (insulina, sulfaniluree o glinidi) vi è indicazione a mantenere l’obiettivo di emoglobina glicata da raggiungere a livelli più elevati (tra 6,5 e 7,5 per cento).

A proposito di trattamento con sulfaniluree o glinidi, le nuove Linee Guida sottolineano che sono trattamenti considerati ormai obsoleti e gravati da molti effetti collaterali e consigliano di sostituirli con terapie più recenti e innovative, lasciandoli come farmaci di terza scelta, proprio quando non se ne possa fare a meno. In caso di dubbio, è sempre utile parlarne con il proprio diabetologo, l’unico referente per quanto riguarda la terapia più adeguata per le proprie necessità.
In caso di impiego di farmaci che possono causare ipoglicemia, è bene anche tener conto della presenza di condizioni individuali che ne possano aumentare ulteriormente il rischio (infanzia ed adolescenza, età molto avanzata, presenza di malattie associate). In questi casi, può essere opportuno mantenere l’emoglobina glicata (HbA1c) a livelli relativamente più elevati: bambini in età prescolare (fino a 8%), adolescenti (7.5%), anziani fragili (tra 8 e 8.5%).
Al contrario, nei casi di diabete non complicato e trattato con farmaci che non determinano ipoglicemia si potrà spingere l’obiettivo di glicata da raggiungere al 6,5 per cento.
L’obiettivo glicemico è quindi sempre più personalizzato (così come la terapia: lo specialista ha a disposizione oggi fino a 120 possibili combinazioni di farmaci) e da concordare caso per caso con il proprio diabetologo, il miglior referente per adattare tutte le nuove conoscenze alle proprie necessità individuali.

 

2. Il ruolo cruciale della tecnologia nella gestione del diabete… a patto che si sappia utilizzare correttamente

La disponibilità di sempre nuovi strumenti tecnologici, in rapidissima evoluzione è stata fondamentale in questi anni per la gestione del diabete, soprattutto dei casi con diabete di tipo 1 e nei casi con diabete mal compensato.
In particolare, nei nuovi Standard di Cura per il Diabete 2018, si descrive la crescente diffusione dei nuovi device (per il monitoraggio in continuo della glicemia, microinfusori insulinici con sistemi sempre più sofisticati di automatizzazione della terapia d’infusione, e così via) sottolineandone possibili aree di impiego clinico e riportandone i vantaggi sia clinici, sia di qualità di vita che di natura economica. In questo campo, molto importante è stata la pubblicazione del primo studio internazionale che evidenzia un significativo beneficio clinico derivante dall’utilizzo di un sistema di monitoraggio in continuo della glicemia in donne con diabete di tipo 1 in gravidanza.

Tuttavia, a proposito di tecnologia è doverosa una riflessione fondamentale: tutti i pazienti che usano strumenti tecnologici devono essere correttamente educati a farlo, devono acquisire tutte le conoscenze necessarie per usare in modo corretto ed autonomo tali strumenti, altrimenti è meglio non utilizzarli perché possono complicare piuttosto che semplificare la gestione del proprio diabete.

La tecnologia non è per tutti e soprattutto non cura il diabete! Ogni paziente affetto da diabete ha ovviamente il diritto di accedervi ma nel momento in cui concorda con il diabetologo l’utilizzo di uno device tecnologico deve –da un lato ricevere un adeguato training per utilizzarlo al meglio e dall’altro impegnarsi a farlo sempre: a leggere, a imparare, a provare, ogni giorno, in ogni momento. Solo in questo modo, il controllo della glicemia può migliorare e l’uso di un device tecnologico può consentire un reale salto di qualità, nella gestione della malattia e nella vita stessa del paziente.

È bene, ricordare a questo proposito che è un diritto dello Specialista poter negare una terapia così come un device tecnologico se ritiene che il paziente non sia pronto ad usarla al meglio. Senza considerare – ultimo punto ma certamente non meno importante – che i device tecnologici sono strumenti costosi, utilizzano soldi pubblici e quindi sono da dedicare a tutti i pazienti che realmente abbiano tutte le competenze per utilizzarli al meglio. In caso contrario, è meglio continuare con la terapia multiiniettiva, che se gestita bene, può dare risultati migliori di una cattiva gestione supertecnologica.

 

3. Quale trattamento per il diabete tipo 2? Più attenzione alla sicurezza (safety first) e agli effetti ‘extra-glicemici’ su peso e pressione arteriosa

L’approccio terapeutico del diabete di tipo 2, soprattutto per quanto riguarda le possibilità di uso di farmaci non insulinici, è stato profondamente rimodulato alla luce dell’evidenza di profili di sicurezza maggiori (con particolare attenzione al minor rischio di ipoglicemie e alla sicurezza cardiovascolare) delle più recenti classi farmacologiche disponibili (agonisti del recettore GLP-1, inibitori DPP-4, inibitori del trasportatore renale del sodio-glucosio SGLT2 o glifozine, glitazoni), rispetto – come detto – ad alcuni farmaci tradizionali (sulfaniluree, glinidi e acarbose). Nella definizione del nuovo algoritmo terapeutico che guida le scelte farmacologiche è stata considerata prioritaria l’introduzione più precoce dei nuovi farmaci, efficaci ma anche sicuri, in associazione alla metformina (quando tollerata) in grado di compensare il diabete di tipo 2 il più precocemente possibile. Anche in queste nuove Linee Guida, la metformina viene indicata come il primo farmaco da utilizzare nel trattamento del diabete di tipo 2.

In altre parole finora, per ottenere un buon controllo del diabete, quando non era sufficiente la monoterapia con metformina si poteva scegliere tra un ventaglio di farmaci che vedeva allo stesso livello le nuove molecole accanto a quelle ‘tradizionali’ (sulfaniluree, glinidi e acarbose), meno tollerate.
Da oggi, non sarà più così, almeno secondo le nuove linee guida dei Diabetologi Italiani. Nel nuovo algoritmo di terapia, al secondo gradino della terapia anti-diabete di tipo 2, subito sotto la metformina, compaiono solo le molecole di ultima generazione. I farmaci “tradizionali” (sulfaniluree, glinidi, acarbose) non vengono più consigliati tra le molecole da utilizzare in prima battuta, insieme alla metformina o come prima scelta per il diabete di tipo 2, in caso di intolleranza o controindicazione alla metformina.

Tra le novità degli Standard di Cura per il diabete, Revisione 2018 ci sono anche nuovi farmaci anti-colesterolo – gli inibitori della PCSK9 – indicati in particolare nei soggetti con colesterolo alto (ipercolesterolemia) con elevato rischio cardiovascolare nei quali il trattamento con le statine, farmaci d’elezione per la terapia dell’ipercolesterolemia, non riesce a raggiungere gli obiettivi ottimali.

Importanti sono anche i cosiddetti effetti extraglicemici (quali quelli sulla riduzione del peso corporeo o della pressione arteriosa) che alcune delle nuove classi farmacologiche sono in grado di determinare. Alcuni di questi farmaci hanno dimostrato negli studi clinici di avere un importante effetto di riduzione di morbilità e mortalità per cause cardiovascolari, quando utilizzati in soggetti con precedenti eventi cardiovascolari, e un ruolo protettivo sull’andamento o l’insorgenza di complicanze diabetiche microangiopatiche, soprattutto a carico dei reni. Alla luce dei risultati dei più recenti studi clinici, l’approccio complessivo alla terapia farmacologica del diabete di tipo 2 (DT2) è stato modificato in maniera rilevante; i nuovi standard presentano così novità sostanziali nella priorità di scelta dei farmaci e nell’algoritmo terapeutico (terapia a gradini che partendo dalla metformina – quando tollerata – associa progressivamente altri farmaci, orali o iniettivi in base all’evolversi del DT2 nel tempo). Si ufficializza quindi anche nelle Linee Guida quanto molti diabetologi hanno già constatato nella loro pratica clinica con pazienti particolarmente complessi.

 

4. Due nuovi focus: diabete nel paziente con neoplasia e diabete MODY

I nuovi Standard di cura del diabete, 2018 hanno dedicato due paragrafi separati a queste due popolazioni particolari, caratterizzate – entrambe da iperglicemia: 1) il diabete nel paziente con tumore in chemioterapia e in cura palliativa; 2) il diabete MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young). Quest’ultimo è una forma rara di diabete (1-2%), non autoimmune, non insulino-dipendente, che insorge in età giovanile, generalmente prima dei 25 anni e in soggetti magri. È caratterizzata da un’ iperglicemia familiare con un’eredità autosomica dominante (carattere geneticamente trasmissibile, ciò significa che la patologia si trasmette facilmente da una generazione all’altra, senza preferenza di trasmissione da padre a madre, senza distinzioni di sesso nella prole). È causato da una mutazione di un punto o di una sequenza di un singolo gene, importanti per lo sviluppo o la funzionalità della ß-cellula pancreatica (la cellula che produce l’ormone insulina), con conseguente alterazione della secrezione di insulina.
L’attenzione specifica a queste due condizioni è riconducibile da una parte alla sempre crescente diffusione delle patologie neoplastiche, il trattamento delle quali può impattare in maniera importante sul metabolismo degli zuccheri. Dall’altra, nel caso del diabete MODY, alla necessità di migliorare sempre più la diagnosi e la terapia di forme più rare di diabete (meno rappresentate da un punto di vista numerico), e che tuttavia possono comportare rilevanti problematiche.

 

5. I Centri Diabetologici allungano la vita

Alla luce di un’attenta revisione della letteratura scientifica disponibile, i nuovi Standard di Cura del Diabete, 2018, riconfermano il ruolo chiave dei servizi diabetologici specialistici nel condurre il percorso di cura delle persone affette da diabete mellito. Tutti i pazienti con diabete dovrebbero periodicamente sottoporsi a una visita presso i centri diabetologici, allo scopo di ridurre il rischio di insorgenza di complicanze, il vero pericolo del diabete (anche perché spesso decorrono in modo silente, senza manifestare sintomi) e anche il rischio di mortalità per tutte le cause, stando ai risultati di una recente metanalisi italiana appena pubblicata (1) e presentata al 27° Congresso Nazionale SID, Rimini, 16-19 maggio 2018.

 

 

References

– AMD/SID -Standard di cura del diabete. Edizione maggio 2018

– Congresso Nazionale SID, Rimini 16-19 maggio 2018

(1) Bonora E, Monami M, Bruno G, Zoppini G, Mannucci E – Attending Diabetes Clinics is associated with a lower all-cause mortality. A meta-analysis of observational studies performed in Italy. Nutr Metab Cardiovasc Dis 2018 May;28(5):431-435

 

 

** Il dr. Matteo Monami è responsabile dell’Unità Piede Diabetico dell’ Ospedale Careggi a Firenze. Questa Unità afferisce al Dipartimento Medico-Geriatrico e gestisce i percorsi di diagnosi e cura del piede diabetico e delle sue complicanze in ottica multidisciplinare e di rete che comprende le strutture di secondo livello AOUC, lo specialista territoriale e il MMG del paziente, con le seguenti funzioni:
– migliorare il percorso diagnostico terapeutico assistenziale del paziente con piede diabetico in tutte le sue fasi, dalla presa in carico alla riabilitazione e al follow up;
– promuovere l’integrazione di tutti professionisti chiamati a operare nei PDTA del piede diabetico;
– erogare prestazioni di elevata complessità per i pazienti dell’Area Vasta.

 

 

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